Biblioteca (lettura pubblicata dalla BBT the bhaktivedanta book trust international)



RITORNO A KRISHNA

La Rivista del Movimento Hare Krishna Vol 45 Numero 6 Novembre / Dicembre 2011
BACK TO GODHEAD

FONDATORE (sotto la direzione di Sua Divina Grazia Sri Srimad Bhaktisiddhanta Sarasvati Prabhupada) Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

DIRETTORE RESPONSABILE:
Ali Krsna dasi
(Alida D’Ambrosio)
DIRETTORE: Nagaraja dasa
EDIZIONE ITALIANA E AMMINISTRAZIONE: Nimai Pandita dasa
TRADUZIONI: Purandara Misra dasa e Sri Saci dasi, Gandharvika dasi
SPEDIZIONI: Visnupriya dasi

Per informazioni sulle spedizioni contattare:
Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna – strada Bonazza, 11
50028 Tavarnelle Val di Pesa (FI)
Tel. 0558076414 – Fax 0558076630
E-mail: bbtitalia@gmail.it

NOMI SPIRITUALI: I membri dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna ricevono uno dei nomi di Sri Krsna o di un Suo devoto, seguito dal suffisso dasa al maschile e dasi al femminile che significa servitore o servitrice. Per esempio, il nome Krsna dasa significa servitore di Krsna.

VALORE DELLA RIVISTA: Valore a copia Euro 3,00. Le donazioni per ricevere la rivista devono essere versate sul C.C.P. n. 42036004, intestato a “Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna”, strada Bonazza 11, 50028 Tavarnelle Val di Pesa (Fi).
Associazione Ritorno a Krishna – Tutti i diritti riservati – Ritorno a Krishna – Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Milano N° 199 del 13/3/1989 Vol. 23 N. 3 Maggio/Giugno 2011 Stampa: La Zincografica, Firenze. Sped. Abb. Post. Comma 20 C Legge 626/96 Filiale FI.


BENVENUTO
Srila Prabhupada, nella lezione di apertura di questo numero, inizia discutendo i pericoli della vita peccaminosa e poi parla delle persone pie. Cita Sri Krsna, che nella Bhagavad-gita afferma (7.16) che il povero, ‘infelice, il curioso e l’erudito sono le persone pie che si rivolgono a Lui pe soddisfare i loro particolari desideri.
Un principio della coscienza di Krsna è che le persone pie in ogni tradizione religiosa possono guadagnare immensamente da quello che possono offrire. Per questa ragione i devoti di Krsna, comprendendo che la vita umana è intesa per il progresso spirituale, cercano di diffondere ovunque il messaggio di Caitanya Mahaprabhu, l’avatara di Krsna per quest’epoca. Così facendo, naturalmente interagiscono con un gande numero di varie religioni.
La storia della copertina di questo numero tratta del portare la coscienza di Krsna nel Punjab, uno stato indiano a predominanza di Sikh. I devoti di Krsna hanno ricevuto un caldo benvenuto e molto entusiasmo per il canto dei santi nomi di Dio, l’essenza del Movimento di Sri Caitanya.
A New York, Satyaraja Dasa trova spesso delle opportunità per discutere della coscienza di Krsna con famiglie ebraiche, in questo numero ascoltiamo un di questi scambi nel suo articolo “Sei Domande Essenziali”.
Hare Krsna – Nagaraja Dasa, Direttore

I NOSTRI SCOPI
* Aiutare la gente a discernere la realtà dall’illusione, lo spirito dalla materia, l’eterno dal temporaneo.
* Evidenziare i difetti del materialismo.
* Offrire guida nelle tecniche vediche della vita spirituale.
* Preservare e diffondere la cultura vedica.
* Celebrare il canto dei santi nomi del Signore come insegnato da Sri Caitanya Mahaprahu.
* Aiutare ogni essere vivente a ricordare e servire Sri Krsna, Dio, la Persona Suprema.


LEZIONE DEL FONDATORE
Bomba, India – 7 Aprile 1971
Solo le Persone Pie Si
RIVOLGONO A KRSNA

Cercando sollievo dalle sofferenze dell’esistenza materiale le persone pie adorano Krsna, mentre quelle empie guardano altrove.
Di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
Fondatore-Acarya dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna

Na mam duskrtino mudhah
Prapadyante naradhmah
Mayayapahrta-jnana
Asuram bhavam asritah

“Gli stolti, gli ultimi tra gli uomini, coloro la cui conoscenza è stata rubata dall’illusione e coloro che hanno una natura atea e demoniaca sono tutti miscredenti e non si arrendono a Me.”
-Bhagavad-gita 7.15

Una vita empia, senza fede, non ci aiuta a progredire, Dobbiamo evitare le attività malvagie.
Secondo gli sastra, le Scritture vediche, i pilastri su cui si basa una vita empia sono quattro.

Suta uvaca
Abhyarthitas tada tasmai
Sthnani kalaye dadau
Dyutam panan striyah suna
Yatradharmas catur-vidhah

Suta Gosvami disse: “Alla richiesta di Kali, Maharaja Pariksit gli permise di stabilirsi in quei luoghi dove si trovavano il gioco d’azzardo, le sostanze intossicanti, la prostituzione e l’abbattimento degli animali.” (Srimad-Bhagavatam 1.17.38) Questi quattro tipi di attività empie sono ritenuti i pilastri di una vita dedita al peccato. Uno di questi è il sesso illecito. Ovunque nelle società umane c’è un sistema, un metodo civile per la vita sessuale: il matrimonio. Il matrimonio è come un permesso per l’attività sessuale. Nello Srimad-Bhagavatam (11.5.11) è affermato, loke vyavayamisa-madhya-seva nitya hi jantor an hi tatra codana: “In questo mondo materiale l’anima condizionata è sempre incline al sesso e al consumo di carne e di intossicanti. Perciò le Scritture religiose non incoraggiano mai veramente tali attività. “Per le anime condizionate mangiare, dormire, fare sesso e difendersi sono necessità del corpo. Nel mondo spirituale queste quattro cose brillano per la loro assenza. Là non c’è necessità di mangiare, di dormire, di fare sesso, di difendersi. Questa è la vita spirituale, Per progredire nella vita spirituale dobbiamo limitare volontariamente queste richieste del corpo. Questo si chiama tapasya. Nel nostro Paese in particolare, molte persone sante, elevate, molti saggi e perfino re, eliminarono volontariamente queste richieste del corpo. Rinforzare artificialmente queste richieste del corpo non ci aiuta nella vita spirituale, Per un uomo, lo stri-sanga, la compagnia di una donna, è una richiesta del corpo. Amisa, dal verso sopra citato, significa cibo non vegetariano, Carne, pesce, uova vengono chiamati amisa e madya significa vino, liquori.
Tutte le anime condizionate hanno un’inclinazione naturale per il sesso, gli intossicanti e il consumo di carne. perfino le formiche hanno questa tendenza. Psicologi e medici esperti hanno scoperto che perfino la formica ha queste stesse inclinazioni.
Esistono i tamasika-purana, i Purana epr le persone soggette all’influenza dell’ignoranza, in cui a coloro he desiderano mangiare la carne si raccomanda di sacrificare una capra alla dea Kali prima di mangiarla. La missione di Buddha fu quella di far cessare l’uccisione degli animali. Ahimsa paramo dharmah: “La non violenza è il principio religioso più elevato.” Buddha è apparso mosso dalla compassione per i poveri animali. C’è una descrizione delle attività di Buddha fatta da un poeta Vaisnava, Jayadeva Gosvami. Pregando Buddha egli dice:

nindasi yajna-vidher ahaha sruti-jatam
sadaya-hrdaya darsita-pasu-ghatam
kesava dhrta-buddha-sarira
jaya jagadisa hare

“O mio Signore, o Dio, Persona Suprema, tutte le glorie a Te! Tu sei misericordiosamente apparso nella forma di Buddha per condannare i sacrifici di animali indicati nella letteratura vedica.”

Buddha è apparso per porre fine all’uccisione di animali, ma poiché nei Purana ci sono alcuni principi regolatori per l’uccisione degli animali, ha dovuto negare l’autorità dei Veda. Altrimenti coloro che sono interessati all’uccisione di animali potrebbero trovare qualche giustificazione. “Qualche volta nei Veda è ammessa l’uccisione di animali.” Questa non è però un’istigazione a continuare ad ucciderli. Potete capirlo da un esempio appropriato. Il governo può aprire un negozio di liquori, ma questo non significa che il governo incoraggia le persone a bere liquori. L’idea è che se il governo non consentisse ad alcuni ubriaconi di bere, questi potrebbero creare disordini. Distilleranno i liquori in modo illecito. Per controllarli, il governo apre dei negozi di liquori i cui prezzi sono altissimi. Se il costo è di una rupia, l’ufficio delle imposte lo farà pagare sessanta rupie.
L’idea non è d’incoraggiare ma di scoraggiare. Il concetto è quello del proibizionismo, perlomeno nel nostro Paese. Nello stesso modo, le concessioni che gli sastra danno per la vita sessuale o per mangiare la carne o per bene non sono fatte per istigare- “Continuate pure a farlo quanto più potete.” No, in realtà queste occasioni sono fatte per scoraggiare.
Quindi, per progredire spiritualmente nella vita abbiamo bisogno di una conoscenza di base. Abbiamo bisogno di sapere come condurre la nostra vita per avanzare nella coscienza di Krsna. Perciò abbiamo queste proibizioni: non fare sesso illecito: non mangiare carne, pesce o uova: non pendere intossicanti ivi compresi fumare le sigarette e bere tè, e non giocare d’azzardo. Queste prescrizioni sono necessarie.


Quattro Tipi di Persone Pie

Krsna dice, catur-vidha bhajante mam janah sukrtino ‘rjuna
“Quattro categorie di uomini virtuosi si avvicinano a Me con devozione.” (Bhagavad-gita 7.16) Sukrti indica quelli che vivono in modo pio e questi sono i principi fondamentali per vivere una vita pia non fare sesso illecito, non mangiare carne e via dicendo.
L’attività sessuale è necessaria, ma negli sastra viene regolata: “Potete fare sesso con vostra moglie sposata con rito religioso e non altrimenti.” In verità, l’attività sessuale nel matrimonio non è necessaria ma è solo consentita. Nello stesso modo, non è necessario bere il vino, ma per coloro che sono viziati, che desiderano bere, per loro il governo apre, con un gran numero di restrizioni, un negozio di liquori.
I Gosvami di Vrndavana erano persone sante, ideali. Di loro si dice che avessero vinto le necessità del corpo. Sconfiggere il sonno, l’attività sessuale e il desiderio del cibo – questo è ciò che si richiede. Vita pia significa ridurre gradualmente le richieste non necessarie del corpo. Questa è la vera essenza di una vita pia. Come Krsna dice, catur-vidha bhajante mam … sukrtinah “Coloro che vivono in modo pio Mi adorano.” Quelli invece che on vivono in modo pio sono chiamati duskrtina, empi. Se si pratica una via dedita al peccato non è possibile comprendere Krsna. Nella Bhagavad-gita (7.28) Krsna dice:

yesam tv anta-gatam papam
jnanam punya-karmanam
te dvandva-moha-nirmukta
bhajante mam drdha-vratah

“Le persone che furono virtuose nelle loro vite precedenti e in questa vita, le cui azioni colpevoli sono state completamente estirpate, sono libere dalla dualità nata dall’illusione e Mi servono con determinazione.” Punya-karma o agire in modo pio significa non cedere al sesso illecito, a diete non vegetariane, al gioco d’azzardo e all’uso d’intossicanti.
Le quattro categorie di persone che adorano Krsna sono gli arta, gli artharthi, i jnani e i jijnasuh. Mi spiego.
Arta significa coloro che soffrono. In questa vita materiale abbiamo molte sofferenze che vengono generalmente classificate come tri-tapa, tre tipi di sofferenza-causate dal corpo, dalla mente e dagli altri esseri viventi. Siamo sempre in mezzo alla sofferenza: è così causa però dell’effetto coprente di maya, l’illusione, pensiamo di essere felici anche se soffriamo.
Artharthi significa colui che desidera il guadagno materiale. Si presuppone che i grhastha, le persone sposate, siano arta e artharthi. I tyagi, coloro che praticano la rinuncia, si suppone che siano jnani (coloro che conoscono le cose come sono) e jijnasuh (i curiosi). I grhastha vengono detti bhogi o goditori dei sensi e i brahmacari e i sannyasi sono tyagi. Per i jnani che cercano Dio non c’è motivo di essere messi in una condizione di sofferenza o nella necessità di denaro. Essi cercano Dio per amore di Dio. Vogliono comprendere la natura di Dio. Athato brahma jijnasa, essi pongono domande sul Brahman e i jinasuh, i curiosi appartengono anch’essi alla categoria dei jnani.
I jnani e i jijnasuh sono migliori degli arta e degli artharthi, ma anche gli arta, che soffrono e gli artharthi, che hanno bisogno di denaro, avvicinano Krsna. Krsna dice bhajante mam: “Essi adorano Me” – non un qualsiasi essere celeste.
Dunque quattro categorie di uomini che vivono in modo pio si avvicinano a Krsna perché non hanno alcuna alternativa per mitigare la sofferenza se non avvicinarsi a Dio. In realtà le nostre invenzioni o i nostri mezzi per mitigare la sofferenza non funzionano. Per esempio, quando un uomo è malato, in generale per guarire ha bisogno di un medico e di una buona medicina, ma gli sastra dicono che in verità questi sono mezzi che non possono contrastare la malattia, perché si riscontra che una persona che soffre di un certo tipo di malattia muore nonostante sia curato da un medico di prima classe e gli siano somministrate medicine di prima classe. Perché manca la sanzione della Persona Suprema. Se non sono approvati da un guru o da Dio, i nostri mezzi di contrasto alla malattia, anche se molto efficienti non saranno risolutivi. Di sono molti esempi. Molti anni fa, forse lo sapete, qualcuno aveva costruito una nave forte e robusta, chiamata Titanic. Veniva garantito che non sarebbe mai affondata. Molti uomini importanti americani partirono con l primo viaggio di quella nave, ma esso affondò Nonostante tutte le precauzione scientifiche, nonostante tutti i grandi cervelli che erano dietro ala costruzione del Titanic, essa affondò. Poiché la loro formazione è sukrtina, le attività pie, gli arta e gli artharthi sanno che senza l’aiuto di Dio non è possibile mitigare nessuna delle nostre condizioni di sofferenza o di necessità. Quindi gli arta e gli artharthi, che hanno un’inclinazione alla vita pia, si avvicinano a Dio: “Krsna, per favore, aiutami,” ma questa non è pura devozione.


La Pura Devozione

Essere puri devoti significa non avere desiderio di vantaggi materiali. Il canto del mantra Hare Krsna non dovrebbe essere fatto per mitigare la nostra condizione di sofferenza. Un puro devoto non si aspetterà mai vantaggi materiali dall’adorazione di Krsna o dal canto del Suo santo nome. Desiderare vantaggi materiali dal canto costituisce uno dei dieci tipi di offesa durante il canto.
Per raggiungere la pura devozione ci vuole tempo. Tuttavia negli sastra è raccomandato

Akamah sarva-kamo a
Moksa-kama udara-dhih
Tivrena bhakti-yogena
Yajeta purusam param

“L’uomo intelligente, che sia pieno di desideri materiali, che sia privo di ogni desiderio o che desideri la liberazione, deve con tutto se stesso adorare Dio, il Tutto Supremo e Assoluto.” (Srimad-Bhagavatam 2.3.10) I sarva-kama, pieni di desideri materiali, sono come gli arta che si trovano sempre in condizioni di sofferenza. I moksa-kama sono coloro che desiderano la liberazione. Anche loro chiedono qualcosa. Anche i siddhi-kami che desiderano le perfezioni materiali, chiedono qualcosa, ma il puro devoto non chiede niente.

Anyabhilasita-sunyam
Jnana-karmady-anavrtam
Anukulyena krsnanu
Silanam bhaktir uttama

“Perché una persona sviluppi il puro servizio devozionale, deve essere priva di ogni desiderio materiale, della conoscenza ricavata dalla filosofia monistica e dell’azione interessata. Il devoto deve costantemente servire Krsna con animo favorevole come Krsna desidera.” (Bhakti-rasamrta-sindhy 1.1.11)
L’esempio della pura devozione si trova tra gli abitanti di Vrndavana. Krsna rivelò i Suoi divertimenti trascendentali a Vrndavana e le gopi e i mandriani erano gli esempi più elevati da seguire per diventare puri devoti.
Krsna diceva: “Quattro categorie di persone pie Mi adorano.” E Arjuna diceva, param brahma param
Dhama pavitram paramam bhavan: “Tu sei Dio, la Persona Suprema, la suprema dimora, il più puro, la Verità Assoluta.” (Bhagavad-gita 10.12) Quando Arjuna comprese la Bhagavad-gita comprese anche Krsna e disse: “Krsna Tu sei la Persona Suprema; Tu sei il rifugio supremo; Tu sei pavitram, il più puro.”
Senza essere pavitram – senza essere pii e liberi dalla contaminazione delle attività materiali – nessuno può avvicinare Krsna. Così è. Krsna però è così gentile da ordinare: “Anche se avete desideri materiali, potete prendere rifugio in Me. Non prendete rifugio in nient’altro. Abbandonatevi a Me.” Sarva-dharman parityajva mam ekam saranam vraja: “Non dovete dipendere da nient’altro. Io vi proteggerò.” (Bhagavad-gita 18.66)
Dobbiamo aver fede nelle parole di Krsna e deporre la nostra totale fede e devozione ai Suoi piedi di loto. Questo ci renderà felici e ci farà progredire nella coscienza di Krsna fino ad ottenere lo scopo più elevato della vita, tornare a casa da Dio.


Fondato sulla Gita

Questo movimento per la coscienza di Krsna è basato sulla purezza degli insegnamenti della Bhagavad-gita. Non è una cosa costruita. Come avete sentito per molti giorni il nostro principio fondamentale è la Bhagavad-gita. Non è che abbiamo costruito qualcosa, visto che ci sono così tanti metodi costruiti apposta. Se veramente c’impegniamo con serietà nella coscienza di Krsna come è garantito dal Signore Supremo, Sir Krsna nella Bhagavad-gita, siamo certi di ottenere il risultato al di là di ogni dubbio. Krsna ci rassicura, ma sucah: “Non dubitare. Abbandonati a Me. Io mi prenderò cura di te.”
Questo è l’insegnamento dato in tutta la Bhagavad-gita.
Mam-mana bhava mad-bhakto mad-yaji mam namasjuru: “Pensa sempre a Me, diventa Mio devoto, adoraMi e offriMi i tuoi omaggi.” (18.65) Mame va ye prapadyante mayam etam taranti te: “Questa Mia energia divina, costituita dalle tre influenze della natura materiale, è difficile da superare. Ma coloro che si abbandonano a ME ne varcano facilmente i limiti.” (7.14) Aham hi sarva-yajnanam bhokta ca prabhur eva ca_ “Io sono l’unico beneficiario e l’unico oggetto del sacrificio.” (9.24) In questo modo noi nella Bhagavad-gita troveremo che Krsna è la Persona Suprema. Krsna è l’Assoluta Persona di Dio e le Sue istruzioni sono qui nella Bhagavad-gita.
Per quanto possibile in questi otto giorni abbiamo cercato di convincervi e se voi cooperate con noi allora il risultato sarà raggiunto velocemente. Se però, tornati a casa, non farete niente dopo aver ascoltato tutte queste istruzioni di Krsna, esse non vi saranno d’aiuto. Naturalmente ogni uomo sano di mente rifletterà su questi punti. Ed è così che gli sastra consigliano. Grazie ad una buona compagnia, ascoltando i devoti, ci purifichiamo, ci concentriamo su Krsna. Colui che applica gli insegnamenti di Krsna, progredisce nella vita spirituale, verso lo scopo ultimo della vita stessa – tornare a casa, da Dio. Il pianeta di Krsna, Krsnaloka, esiste. Dalla Bhagavad-gita (8.20) avete appreso che oltre a questa natura materiale esiste un’altra natura detta sanatana-dhama, la dimora eterna. Là vi sono innumerevoli pianeti spirituali chiamati Vaikunthaloka, proprio come ci sono innumerevoli pianeti in questo universo materiale. Tutto ciò è reale. Se avete fede negli sastra, dovete impegnarvi nel percorso della coscienza di Krsna per ritornare nel mondo spirituale. Esiste un mondo spirituale. Poiché siamo anime spirituali se non ritorniamo nel mondo spirituale non possiamo avere né felicità né gioia reali. Così è. Tutte queste informazioni ci sono date in modo molto esplicito. Non cercate di comprendere la Bhagavad-gita per mezzo di cattive interpretazioni o per mezzo di cattivi commenti. Cercate di comprendere la Bhagavad-gita Così Com’è e ne trarrete beneficio. Questo è ciò che vi chiediamo.
Oggi completiamo questa cerimonia, ma se ce ne sarà l’opportunità, potremo continuare lo studio della Bhagavad-gita Così Com’è e se Krsna ce lo permetterà cercheremo di servirvi di nuovo e sempre di più.
Vi ringrazio moltissimo.


6 DOMANDE ESSENZIALI
Lo Srimad-Bhagavatam inizia rispondendo a domande da cui può trarre beneficio un sincero ricercatore di qualsiasi tradizione religiosa
Di Satyaraja Dasa

La scorsa primavera partecipai al Seder della mia famiglia, la cerimonia del pranzo delle due prime notti di Passover, che commemora l’esodo degli ebrei dall’Egitto. Come al solito mi piacquero il simbolismo e i racconti, perché in essi trovo molte analogie con la mia tradizione Vaisnava. I bambini hanno un ruolo importante nel Seder. Per tradizione il più giovane di essi è preparato a porre quattro domande, chiamate Mah Nishtana. Questa ritualità ha lo scopo di stimolare la discussione sul cibo e sui suoi simboli. Ecco le domande (di solito espresse in yiddish):

(1) Perché questa notte è differente da tutte le altre notti?
(2) In tutte le altre notti, mangiamo sia pane lievitato che non lievitato, ma stanotte mangiamo solo pane non lievitato. Perché?
(3) In tutte le altre notti mangiamo ogni tipo di verdure, ma stanotte mangiamo solo erbe amare. Perché?
(4) In tutte le altre notti non inzuppiamo (i cibo) neanche una volta, ma stanotte lo facciamo due volte. Perché? Oppure in alternativa: in tutte le altre notti mangiamo seduti o sdraiati, ma stanotte lo facciamo solo sdraiati. Perché?
Queste domande hanno origine nel Mishna che fa parte del Jewish Talmud. Il leader del Seder ed altri adulti useranno spesso queste domande come punto di partenza per discutere l’Haggadah (anch’esso parte del Talmud), consentendo a tutti gli interessati di considerare queste domande da un punto di vista più filosofico Questo porta a letture, preghiere e racconti che illustrano l’esodo biblico.


Passare dal Giudaismo al Vaisnavismo

Ho la tendenza a pensare ad altro durante le ritualità religiose e quel giorno mi ero rifugiato n le regno dello Srimad-Bhagavatam un’opera di diciottomila versi composta da molti volumi.
Ne avevo uno nella borsa e l’avevo letto proprio poco prima di arrivare. La mia disattenzione doveva essere stata evidente, dato che la persona vicino a me – l’ospite, mio intimo amico – mi chiese a che cosa pensassi: “Stai riflettendo sul significato di queste quattro domande?”
“Non proprio,” risposi, cercando di essere gentile. “Per essere sincero trovo che queste domande, che riguardano il popolo ebraico e la sua situazione religiosa e politica, siano piuttosto imitate.”
“Perché?”
“Vediamo, queste domande si riferiscono specificatamente ad un avvenimento della storia ebraica. So che ci sono interpretazioni spirituali più profonde per queste domande ed anche spiegazioni esoteriche, come viene rivelato nella Kabala, che però non ho ancora sentito. Ogni Passover a cui ho partecipato sembra offrire soltanto la stessa spiegazione esteriore, qualcosa che è nel contesto della storia degli ebrei.”
“Allora, a che cosa pensavi?”
“Alle sei domande con cui inizia un testo sacro indiano intitolato Srimad-Bhagavatam.”
Egli sorrise e poi ridendo con un certo imbarazzo mi chiese di spiegarglielo. Le persone vicine a me si stavano spostando dalle varie fasi del rito verso quello più familiare del pranzo. Davanti a noi c’era un delizioso banchetto (tutto vegetariano per un riguardo verso di me). Ora era una buona occasione per parlare e questo è proprio quello che decisi di fare.


Le Sei Domande dei Saggi

Quello che mi attrae maggiormente del Bhagavatam iniziai, è la sua caratteristica non settaria. Questo significa che esso loda la pura devozione per Dio, l’amore per Dio, come essenza della ricerca spirituale e onora questa devozione e questo amore senza tener conto della sua sorgente Il Bhagavatam non cerca di mettere in risalto una particolare tradizione religiosa.
Per esempio, all’inizio di questo poderoso testo troviamo versi come questo (1.2.6): “La suprema occupazione spirituale per l’uomo è quella che conduce al servizio d’amore e devozione al Signore trascendentale. Questo servizio di devozione deve essere ininterrotto e incondizionato per soddisfare completamente l’anima.”
In altre parole, il Bhagavatam non favorisce alcuna tradizione settaria né qualche piccolo gruppo di persone né la loro storia. Esso invece si concentra sull’umanità in generale e su come ognuno possa avvicinare effettivamente il Supremo. Ci dice che la vera felicità viene dall’amore per Dio.
Questo non è neppure un verso isolato. Il Bhagavatam fin dall’inizio afferma la purezza e il suo scopo e della speciale spiritualità (1.1.2); “Del tutto contrario ad ogni atto religioso motivato da interessi materiali questo Bhagavata Purana rivela la verità più alta, accessibile ai devoti dal cuore puro. Questa verità suprema è la pura realtà, distinta dall’illusione per il bene di tutti.” Esso si concentra su ciò che è universale e non limitato. Il Bhagavatam è per coloro che desiderano trascendere le motivazioni materialistiche nella religione, per coloro che desiderano la purezza, l’amore per Dio, E’ per coloro che vogliono il vero contenuto e nient’altro.
Con questo come sfondo, continuai a discutere le sei domande che all’inizio i saggi posero al venerabile Suta Gosvami nel primo capitolo del Bhagavatam. Anche un’occhiata sommaria a queste domande evidenzia l’alta qualità spirituale che il Bhagavatam offre ai suoi lettori. Le domande sono correlate agli interessi più elevati di un vero ricercatore.

(1) Qual è il bene ultimo e assoluto per tutti gli uomini? (1.1.9)
(2) Quali sono gli insegnamenti essenziali delle Scritture che possono soddisfare pienamente il vero sé? (1.1..1.)
(3) Perché il Signore prese nascita nel grembo di Devaki? (1.1.12)
(4) Quali attività Egli compie? (1.1.17)
(5) Chi sono i Suoi avatara? (1.1.18)
(6) Ora che Krsna ha lasciato la Terra, chi custodisce i principi della religione? (1.1.23)
Per esempio si potrebbe discutere la specificità del Bhagavatam nel citare “Devaki” o nel richiamare alla mente il vero concetto di avatara, concetto che solitamente viene associato all’induismo o all’India. Se si pensa che questo testo è una Scrittura universale non settaria, perché fa riferimento a persone, idee e concetti che s’identificano con una particolare parte del mondo? Basta però un approfondimento per capire che il Bhagavatam sta semplicemente citando dati specifici sulla natura di Dio. Il riferimento da Devaki per esempio ci dice semplicemente che il testo è consapevole di un essere vivente che serve Dio nella forma di una figura materna. Questo è più profondamente legato alla complessa teologia del Bhagavatam che a qualsiasi cultura specifica o aspetto settario. Il Bhagavatam è consapevole di questa informazione esoterica, anche se nessun’altra tradizione del mondo lo è. E’ questa impostazione esoterica infatti che rende il testo speciale prezioso tra tutta la letteratura religiosa. E la parola avatar indica semplicemente un’incarnazione del Supremo o la Sua discesa nel mondo delle tre dimensioni. Il fatto che il Bhagavatam usi il sanscrito per esprime complesse nozioni teologiche può difficilmente essere considerato un esempio di settarismo. Ora spostiamoci nel dominio delle sei domande essenziali del Bhagavatam.
Il commentatore del Bhagavatam, Srila Jiva Gosvami, ci dice che di queste sei domande, a quattro si risponde nel Capitolo Secondo (Primo Canto e a due nel Capitolo Terzo, insieme ad altri argomenti. Secondo (Primo Canto) e due nel capitolo Terzo, insieme ad altri argomenti. Secondo il suo pensiero ecco un breve riferimento di come si risponde alle domande del Bhagavatam almeno inizialmente.
Domanda Uno (1.1.9): Qual è il bene ultimo e assoluto (sreyah), “definitivo” per tutti gli uomini?
Dopo aver brevemente ricordato che il servizio devozionale a Sri Krsna è l’essenza della conoscenza delle Scritture, Suta Gosvami spiega che per le persone il beneficio supremo consiste nel liberarsi dagli attaccamenti materiali sviluppando amore per Dio attraverso il servizio devozionale, cioè per mezzo del servizio a Krsna o alle Sue incarnazioni. (Vedi 1.2.6-7)
Domanda Due (1.1.11): Quali sono gli insegnamenti essenziali di tutte le Scritture, seguendo i quali si soddisfa pienamente il cuore?

Il Secondo Capitolo del Bhagavatam specialmente dal verso 6 al 29, ci dice che Sri Krsna e il Suo servizio costituiscono l’essenza del messaggio delle Scritture. Egli è l’unico vero oggetto di adorazione e la forma più pura di religione significa ristabilire la nostra perduta relazione con Lui. Questa è la conclusione definitiva di tutte le Scritture, anche se alcuni testi sacri rivelano questa verità in modo coperto o indiretto.

Domanda Tre (1.1.12): Quali sono i motivi dell’avvento del Signore Supremo come figlio di Vasudeva nel grembo di Devaki?

Una risposta appare nel verso 1.2.34: “Per chiamare a Sé coloro che sono guidati dalla pura virtù.” (Vedi anche 1.8.32-35)

Domanda Quattro (1.1.17): Quali sono le attività del Signore in particolare in relazione alla creazione?

Poiché la domanda si riferisce specificatamente alle attività della creazione, i commentatori citano come risposta il verso 1.2.30-33. Qui il Bhagavatam spiega come Vasudeva (Krsna) crea il mondo materiale e poi vi entra nella forma di espansioni conosciute come purusa-avatara. Anche i Canti Terzo e Quarto descrivono in dettagli la creazione dell’universo e spiegano che Krsna agisce con la capacità di un “supremo creatore”, lasciando a Brahma il compito di creare innumerevoli mondi per conto di Krsna

La lettura intima di questa domanda è che le “attività “ del Signore si riferiscono ai Suoi passatempi confidenziali nel mondo spirituale, alludendo alle informazioni che si trovano soprattutto nel Decimo Canto.
Domanda Cinque(1.1.18): Chi sono gli avatara di Krsna?

Il Capitolo Terzo del Primo Canto descrive l’incarnazione di Sri Krsna. Apprendiamo che tra le molte manifestazioni e incarnazioni di Dio, Krsna è Supremo. Il verso 1.3.28, ete camsa-kalah pumsah krsnas tu bhagavan svayam: “Tutte queste incarnazioni prima citate sono emanazioni plenarie del Signore o emanazioni di queste emanazioni primarie, ma Sri Krsna è Dio, il Signore Supremo.” Domanda Sei (1.1.23): “Ora che Sri Krsna è scomparso da questo pianeta, chi custodisce i principi della religione?”

Suga Gosvami risponde a questa domanda nel verso 1.3.43 pronunciando uno dei più famosi versi in assoluto del Bhagavatam: “Questo Bhagavata Purana, radioso come il sole, è sorto subito dopo la partenza di Sri Krsna per il Suo regno assoluto, seguito dalla religione, dalla conoscenza, ecc. Tutti coloro la cui visione è stata oscurata dalle dense tenebre dell’era di Kali riceveranno luce da questo Purana.” La tradizione Vaisnava insegna che l’essenza della spiritualità può essere trovata nel Bhagavatam. Come precedentemente affermato esso è diverso dalle altre Scritture religiose perché si concentra esclusivamente sull’essenza della ricerca spirituale e su Dio, la Persona Suprema, come Egli esiste nel mondo spirituale. Il Bhagavatam è la forma letteraria di Krsna

La nostra attenzione tornò alla festa davanti a noi e cominciammo a parlare della tradizione giudaica. Mi rendevo conto che il mio amico era molto attratto dalla grande minuziosità e profondità del Bhagavatam. Egli continuava a cercare e di tornare agli argomenti della nostra discussione. Tentando però di essere gentile insistetti perché discutessimo il Ma Nishtana, perché era per questo che eravamo lì.
Ad essere sincero, non si trattava di essere gentili. Era una strategia: sapevo che quanto più avessi resistito, tanto più egli avrebbe desiderato di discutere del Bhagavata, E così, dopo alcuni minuti di storia e filosofia giudaica, tornammo alle sei domande iniziali del Bhagavatam. Concordammo che se il Giudaismo e il Vaisnavismo avevano molto da offrire, era il Vaisnavismo, perlomeno per quanto si riferisce a queste domande iniziali, che attraeva il nostro interesse. Senza alcun dubbio questo era dovuto alla profondità teologica delle domande del Bhagavatam.
“Il resto del Bagavatam è così profondo?” il mio amico fu proprio obbligato a chiedere. “Tratta sempre di domande così spiritualmente ricche e così penetranti sul piano filosofico? Dove va il Bhagavatam dopo queste domande iniziali e nella sua media questo testo è sempre ugualmente profondo? Quanto è dettagliata la rivelazione di Krsna e delle Sue incarnazioni?”
Dopo un fuoco di fila di domande, volevo continuare a discutere, ma venne il momento del dessert e subito dopo quello di andarsene.
Avevo voluto rassicurarlo che il Bhagavatam è così profondo che più profondo non potrebbe essere e che fornisce una moltitudine di domande e risposte che portano una persona al livello più alto della realizzazione spirituale.
Come gesto di commiato, gli detti una copia del Primo Canto, Primo Volume, che avevo con me. Li augurai un felice Passover e infine gli rivolsi queste parole.
“Il libro può dire più di quanto io potrei mai dire.”
Mi sembrò che gli piacesse. Ringraziandomi con un grande sorriso, mi strinse la mano con molto entusiasmo. Non dimenticherò mai la sua ultima riflessione mentre stavo uscendo.
“Il Passover non sarà mai più lo stesso.”

Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un redattore associato di BTG. Ha scritto più di venti libri sulla coscienza di Krsna e vive vicino a New York City.



IN MEMORIAM
Gopiparanadhana Dasa

Dopo la dipartita di Srila Prabhupada, Gopiparanadhana aiutò a completare l’opera di Prabhupada sullo Srimad-Bhagavatam come anche il lavoro che Prabhupada aveva fatto sul Mukunda-mala-stotra e sul Narada-bhakti-sutra.
Nel 2005 Gopiparanadhana completò la Brhah-Bhagavatamrta, composta da vari volumi, con i commenti basati su quelli dell’autore. Continuò poi a tradurre dal sanscrito letteratura Gaudiya Vaisnava in particolare la Krsna-lila, stava di Sanatana Gosvami (pubblicato) e i sei Sandarbha di Srila Jiva Gosvami (non pubblicato). Inoltre istruì redattori e traduttori per la BBT.
Gopiparanadhana viveva con sua moglie e suo figlio a Govardhana, dove al momento del trapasso stava trascorrendo due giorni tra i viaggi in Polonia in Cina.
I Vaisnava di tutto il mondo piangono la perdita di questa anima straordinaria che da questo mondo è andata nel regno di Krsna dove sicuramente continuerà la sua opera sotto la Sua protezione.


COME SONO GIUNTA ALLA COSCIENZA DI KRSNA
PRESA PER MANO
DI Tarini Radha Devi Dasi

Ho scritto che odio Jinnah!” disse Ruth, Jyoti aggiunse: “Ho scritto che odio Nehru!”
Chitra , la mia migliore amica, fu più positiva: “Ho scritto che sono grata a Gandhi.”
Era il 1984, Eravamo nella classe dieci e discutevamo sulle nostre risposte al tema dal titolo; “Un film che hai visto recentemente”. Tutte noi avevamo scelto il film Gandhi.
Ero rimasta molto colpita dal film e ispirata da Gandhi, ma le forti affermazioni espresse dalle mie amiche mi stimolarono ad approfondire la mia conoscenza del movimento per la libertà di decidere chi odiare e chi apprezzare.
Dopo aver letto diversi libri, la mia capacità di decider chi avrei dovuto odiare non era affatto aumentata.
Tuttavia, seguendo Gandhi, apportai dei cambiamenti al mio stile di vita –cominciai a dormire sul pavimento, a digiunare per Ekadasi e ad aiutare i poveri e gli affamati.


Introduzione alla Bhagavad-gita

Gandhiji definiva la Bhagavad-gita la sua “forza guida”. Durante gli anni ricchi di entusiasmo della mia adolescenza decisi che anch’io dovevo leggere la Bhagavad-gita per diventare elevata come Gandhi. Trovavo la lettura della Gita appassionante come un romanzo. Desiderosa di conoscere Krsna, saltavo da un commento all’altro. Mentre leggevo, la mia mente di adolescente s’innamorò di Krsna che divenne il mio unico “ragazzo”.
Fino ad allora ero stata piena di complessi d’inferiorità. Ero molto magra e non attraente, un fallimento a livello scolastico e non interessante come amica. Sebbene studiassi musica e danza, i commenti dei miei amici, che cercavano di fare gli spiritosi, distrussero la mia fiducia nelle attività artistiche. A casa non ero felice, anche se non c’erano problemi particolari ed avevo un intenso desiderio d’amore. I miei tentativi di trovare questo amore nelle storie romantiche mi davano un po’ di sollievo, ma non mi bastavano. Tuttavia, dopo aver conosciuto Krsna, crebbe in me un’attrazione naturale per Lui e con essa l’amore.
La religione non era una novità per me. I miei genitori erano molto pii. Ogni mattina mia madre cantava scrupolosamente il suo japa a Siva e celebrava on magnificenza tutte le festività religiose. Nella mia casa risuonavano canzoni e danze classiche per lodare il divino.
Anche la mia nonna materna era una signora estremamente pia. Con i suoi otto figli e il marito, durante la Seconda Guerra Mondiale aveva percorso a piedi le duemila miglia di Burma all’India. Quando arrivarono, tre dei suoi figlie mio nonno erano morti. Un anno dopo la morte di mio nonno, mia nonna, cha quell’epoca aveva circa trenta anni, indossò abiti color zafferano, si rasò i capelli e s’impegnò completamente in attività spirituali.


Seguire la Bhagavad-gita

La lettura della Bhagavad-gita risvegliò quei sentimenti religiosi che lei e la mia famiglia avevano instillato in me durante la mia infanzia. Due istruzioni particolari della Bhagavad-gita diventarono parte della mia vita.
Una era fare il proprio dovere senza preoccuparsi del risultato. Questa istruzione mi fece uscire dai limiti della mia coscienza. Superando paure e complessi, confidando nella fiducia dell’amore di Krsna, presi parte a tutte le gare e agli eventi della scuola. Perché? Perché Krsna dice vada non preoccuparsi dei risultati. Per questa ragione le classi undici e dodici furono meravigliose. Ero felice ed entusiasta e diventai perfino una brava scolara sia nelle materie accademiche sia in quelle artistiche.
L’altra istruzione riguardava il metodo dello yoga presentato nel Capitolo Sesto. Quando assistevo a un qualsiasi programma spirituale, mi sedevo con la schiena diritta concentrandomi sulla punta del naso con gli occhi semichiusi. Una volta incontrai la mia compagna di classe, Ruta, che era molto triste.
“Mi pare di capire che soffri per un complesso d’inferiorità,” dissi “Perché non prendi rifugio nel tuo Gesù Cristo? Io ho preso rifugio in Krsna ed ora sono molto felice .”Rita divenne una vera cristiana. Alcuni anni dopo, mi ricambiò riportandomi alla devozione dopo il breve periodo di ateismo nel quale mi ero avventurata.


Crescente Attaccamento a Krsna

Una volta, quando una delle mie zie venne in visita a casa nostra, portò da leggere una piccola parte del Mahabharata, che parlava dell’amicizia di Krsna con i Suoi devoti, il mio attaccamento a Krsna crebbe ancora di più. SentendoLo come il mio “ragazzo”, iniziai a venerarLo e a pregarLo.
La mia insegnante di geografia, profondamente religiosa, mi regalò un grande calendario con un’immagine di Krsna che suonava il flauto. Questo Krsna divenne il mio tutto. Parlavo addirittura a quest’immagine. Ora avevo un amico molto intimo.
Una volta che al buio andavo in bicicletta a casa di mia zia, ebbi paura. Pregai Krsna. Quando raggiunsi la mia destinazione e parcheggiai la bicicletta, una foglia caduta da un albero sulla strada mi fece ricordare la foglia su cui Krsna giaceva al momento delle dissoluzione universale. Mi sentii certa che Krsna era stato con me durante tutto il percorso.
Avevo una terribile paura dei fantasmi. Una volta che ero al parcheggio del nostro appartamento con mia sorella, venne il buio e anche mia sorella stessa sembrava un fantasma. In preda alla paura pregai Krsna. Allora, mentre guardavo, mia sorella passò dietro un pilastro di cemento e quando riapparve aveva l’aspetto di Krsna che avevo visto negli spettacoli di danza e nelle rappresentazioni teatrali. Imparai a vedere negli altri il mio amico Krsna, invece di un fantasma immaginario. Questo mi aiutò moltissimo a superare la paura.
Questi due avvenimenti ed altri simili mi aiutarono a mantenere la fede in Krsna, anche quando fui portata all’ateismo da un gruppo di mayavadi o impersonalisti. Sebbene gli ultimi due anni di scuola trascorressero nella devozione per Krsna, all’inizio del college entrai in una fase di dubbio. Qualsiasi sciocchezza mi portava a meditare profondamente e ad analizzare i moltissimi aspetti correlati ad essa, ma mi fermavo quando arrivavo a questa domanda: che cosa è più potente – Dio, il destino o la preghiera?


Presentata ai Mayavadi

Feci questa domanda a mi cugino, un mayavadi impegnato. Dietro suo incoraggiamento iniziai a frequentare le lezioni di mayavadi e a negare l’esistenza di Dio, Sri Krsna. Fui portata a pensare che la devozione fosse un sostegno per persone come Rita, un modo di trovare nella vita un’ancora di salvezza. L’universo era semplicemente troppo meraviglioso e organizzato. Come poteva una persona esserne l’ingegnere e poi mantenere il tutto?
Scivolai in quello che definivo sano ateismo. La filosofia mayavada incoraggia l’ateismo: per i mayavadi non esiste né il Signore né il mondo. Secondo loro esiste solo il Brahman concepito come qualcosa d’impersonale. Se chiedevo qualcosa riferito agli sastra, mi veniva risposto; “ Anche gli sastra sono falsi!” Di che cosa parlare o a cosa pensare se tutto è falso? Ma perlomeno la filosofia mayavada, a differenza dell’ateismo tradizionale, dava grande importanza al celibato, al distacco dal piacere materiale e ad altri valori sani.


“Io Esisto!”

Sebbene parlassi come un’atea, come potevo dimenticare Krsna? Come potevo non esserGli grata per la Sua amicizia e per tutte le volte che mi aveva aiutato?
Nel mio intimo avrei voluto dirGli: “Caro Krsna, per favore, perdonami per aver detto che non esiste, ma ho bisogno di conoscerTi attraverso un metodo scientifico e non solo sentimentale basandomi sugli scambi che abbiamo avuto.”
Dopo aver letto diversi libri e meditato sulla teoria di Darwin, giunsi nuovamente a una domanda cruciale; ammetiamo che Dio non esista, ma io so che esisto. Allora qual è l’origine della mia esistenza?


Ritorno alla Devozione

A questo punto ero all’ultimo anno del college. Mi fu assegnato il compito di trovare un argomento diverso dalle materie insegnate al college e di relazionare su di esso. Ero completamente incerta su quale argomento scegliere. Poi la mia cara amica Leela Pal Choudhury mi fece un invito. “Sto andando all’ISKCON per fare delle interviste,” “Vieni con me a fare delle domande. Poiché sei atea, sarà più interessante.”
Così in un pomeriggio assolato, Leela ed io facemmo una visita al tempio ISKCON a T. Nagar a Chennai. Fummo introdotte nella stanza dell’allora presidente del tempio Ganga Dasa, un italiano.
Ganga Prabhu, come veniva chiamato, fu paziente mentre continuavamo a porgli le nostre domande. Mi piacque la sua analogia di un pesce fuori dall’acqua per spiegare la condizione della jiva (anima) che aveva perso la vita spirituale. Bevevo le sue parole come una spugna. Sfortunatamente per Leela non potevo contraddirlo con delle obiezioni atee, poiché ero felice di ascoltare le risposte logiche di Ganga Prabhu. Gli chiesi perché avesse lasciato il cristianesimo per abbracciale la cultura indù. “Non c’è bisogno di lasciare niente,” disse. “E’ come passare d auna classe inferiore ad una superiore a scuola. Avevo l’idea di unirmi al clero cattolico a Roma, ma rimasi deluso nel vedere sacerdoti che fumavano e bevevano. Il loro stile di vita non mi attraeva.”
Poi egli scoprì la coscienza di Krsna.
La necessità di fare l’intervista mi dette l’opportunità di parlare a quasi tutti i devoti del tempio e di scoprire che cosa li aveva attratti verso l’ISKCON: Nimai Nitai Dasa il capo pujari (sacerdote) dell’ISKCON di Chennai, ci raccontò che era solito visitare il tempio ISKCON semplicemente perché gli piaceva il profumo dell’incenso.
Poco dopo incontrai Lila Padma Devi Dasi, la moglie dell’allora vicepresidente, Radhika Ramana Dasa. Le devo molto per la straordinaria cura che mostrò verso di me affinché m’impegnassi nella coscienza di Krsna. Dietro suo invito, ogni domenica andavo al tempio tre ore prima del programma e trascorrevo il pomeriggio con lei, facendole un’infinità di domande. Leggevo i libri di Srila Prabhupada, sperando di trovarvi una domanda a cui non potesse rispondere, ma mi accorsi che Srila Prabhupada aveva una risposta convincente ad ogni domanda.


Il rande Sollievo del Canto

Iniziai a cantare con regolarità il maha-mantra Hare Krsna. All’inizio il beneficio più grande che ne trassi fu il sollievo di non sognare più ad occhi aperti. Ero una grande sognatrice ad occhi aperti. Se avessi sognato di essere il Presidente dell’India, averi continuato a sognare fino a dopo la morte. I miei sogni ad occhi aperti mi avevano fatto soffrire, ma ora cantavo Hare Krsna mentre facevo i lavori di casa. Ero sommersa dalla pace e dalla felicità.


Un Crescita Lenta

Sebbene mi piacesse la filosofia della coscienza di Krsna, come anche i kirtana e il prasadam, non ero ancora pronta a cantare sulla corona più di quattro giri al giorno. Cantavo senza alcuna attenzione, mentre le mie orecchie erano attratte dai dialoghi dei programmi televisivi nell’altra stanza.

Cercai di leggere la Bhagavad-gita Così Com’è, ma non riuscii ad andare oltre il verso 2.39, in cui Srila Prabhupada spiega il buddhi-yoga come coscienza di Krsna. Non riuscivo a capire come buddhi, l’intelligenza potesse significare coscienza di Krsna. Confusa, non riuscivo a proseguire nella lettura. Feci anche il colossale errore di mettere a paragone le traduzioni di Chinmayananda e di Chidbhavananda, che avevo letto precedentemente, con quella di Srila Prabhupada. Le differenze mi fecero desiderare di strapparmi i capelli.



La Decisione Finale

Quello che peggiorò la situazione fu la ripetizione della proiezione del film Gandhi alla televisione. Il mio cuore fu ancor auna volta con Gandhi, colui che mi aveva messo sul cammino della spiritualità. Nel mio cuore regnava la confusione.
“Perché l’ISKCON?” chiedevo a me stessa “Perché non il Sabarmati Ashram? Perché non la Ramakrishna Mission? Perché non Madre Teresa?” Mentre la mia mente si avvolgeva su se stessa, mia madre mi chiamò per cena. Quando ebbi finito, presi il mio piatto per lavarlo e automaticamente la mia lingua si trovò a cantare il mantra Hare Krsna.
“E’ così”, pensai. “Sto per diventare una devota Hare Krsna perché mi piace. Adoro cantare, adoro il kirtana. Cantare Hare Krsna mi ha guarita dal mio sognare ad occhi aperti che tanto mi faceva soffrire e il canto ha messo a tacere la mia mente. Che cosa posso chiedere di più?”


Presentata al Mio Guru

Un giorno, Sua Santità Jayapataka Swami fece visita all’ISKCON di Chennai, dove ha dei discepoli. Ascoltai la lezione che dette al suo arrivo. Poi, dopo aver aiutato a preparare il suo pranzo, iniziai a fare la pastella per gli idli. Erano circa le due di notte quando finalmente andai a dormire.

La mattina successiva stavo aiutando a preparare la colazione quando al suono del kirtana Hare Krsna le lacrime sgorgarono dai miei occhi. Non capivo che cosa stesse succedendomi. Sembrava che il mi futuro guru mi desse un accenno della montagna di estasi disponibile nel santo nome. Non avevo ancora parlato con lui, ma in qualche modo, grazie al suo sguardo misericordioso, la mia coscienza era stata purificata. Alcuni giorni dopo, ricominciai a leggere la Bhagavad-gita Così Com’è per la terza volta. Questa volta riuscii a leggere con facilità anche oltre il verso 39 del Secondo Capitolo. L’ostacolo del dubbio causato dalla mia ignoranza e dalla mia arroganza era sparito. Poi una mattina mi svegliai alle tre e mezzo; mi sentivo così fresca e con la mente così libera che cominciai immediatamente cantare. Quel giorno iniziai la pratica di cantare sedici giri al giorno.

Grazie alla misericordia senza causa del mio guru, mi era stata data la capacità di leggere i libri di Srila Prabhupada e di cantre il santo nome. Potevo approfondire il metodo della coscienza di Krsna invece di rimanere su un livello mentale intellettuale causato dal mio contatto con i mayavadi. Il mio guru continua ad aiutarmi in moltissimi modi nel mio servizio devozionale ed io sono per sempre sua debitrice.
Grazie all’interessamento di devoti anziani, mi unii in matrimonio con Sumitra Krsna Dasa e ora grazie al suo incoraggiamento sono in grado d’impegnarmi in diversi servizi per l’ISKCON.
Ho frequentato la compagnia di devoti che mi hanno mostrato il sentiero della pura devozione a Sri Krsna. Lo Srimad-Bhagavatam (3.33.7) dice che colui che pratica il servizio devozionale – nella vita precedente o in questa vita – ha già compiuto tutte le attività ritualistiche, come dare in carità, visitare luoghi santi e così via. Sento che nella mia vita precedente ho provato tutte queste cose per avere la conferma della loro inferiorità in confronto alla devozione per Sri Krsna.
Ora in questa vita posso essere più determinata nella mia pratica e avvicinarmi al vero traguardo della vita.

Tarini Radha Devi Dasi è una discepola di Jayapataka Swami. Ha quattro figli ed è la coordinatrice dei programmi per bambini a Chennai. Suo marito, Sumitra Krsna Dasa, è il presedente del tempio.





“ABBANDONATI A ME”
L’invito Affettuoso di Krsna
Le istruzioni di Bhaktivinoda Thakura vengono in aiuto a quelli di noi che rabbrividiscono nel sentir menzionare la parola “abbandono”.
Di Arcana Siddhi Devi Dasi

Durante la nostra adolescenza mio fratello ed io qualche volta ci picchiavamo. Non ricordo la ragione per cui bisticciavamo, ma quando qualche volta al mese i miei genitori non erano a casa, finivamo per azzuffarci. Mio fratello spesso mi piegava un braccio dietro la schiena e m’intimava di arrendermi chiamandolo “zio”. Io gridavo, spingevo e battevo i piedi finché il dolore diventava insopportabile. Allora gridavo “Zio! Mi arrendo!” Egli trionfante lasciava il mio braccio, vantandosi della sua vittoria. Ricordo di essermi sentita furiosa e desiderosa di vendetta. Decisi perfino di smettere di mangiarmi le unghie per poterle usare come armi per difendermi. Non sopportavo di dovermi arrendere a lui.
Perciò quando udii per la prima volta le parole di Krsna nella Bhagavad-gita che m’invitavano ad abbandonare tutto e ad arrendermi a Lui, trasalii. La parola arrendersi conteneva una carica emotiva.
Dopo aver superato il mio atteggiamento negativo verso quella parola, volli approfondire ciò che Krsna intendeva dire con la parola arrendersi, in sanscrito saranam. Appresi che il termine saranam è spesso tradotto con “rifugio”, Pertanto l’arrendersi di cui parla Krsna è diverso da quella resa che mio fratello pretendeva da me. Il richiamo di Krsna ad arrendersi è il Suo invito affettuoso a rifugiarsi completamente in Lui.
Sebbene apparentemente la Bhagavad-gita sia una conversazione privata tra Krsna ed Arjuna, Krsna voleva che i Suoi insegnamenti ad Arjuna fossero accessibili anche a noi. Egli ci dà quella conoscenza di Se Stesso che ci aiuterà a comprendere perché, alla fine del Suo discorso, può chiederci di abbandonare tutti gli altri percorsi per progredire nella vita umana e arrenderci a Lui. Chiunque abbia fede in tutto quello che Krsna ha detto di Se Stesso nella Bhagavad-gita si convincerà che Egli è degno del nostro amore e del nostro abbandono.
Nella nostra tradizione Gaudiya (la linea di successione che discende da Sri Caitanya Mahaprabhu), Bhaktivinoda Thakura ha approfondito il significato del termine saranam. Nella sua raccolta di canti intitolata Saranagati (“Lo scopo dell’Abbandono”), egli ci dà un orientamento sul concetto dell’abbandono puro e su come dobbiamo vivere questa pratica per acquisire lo stato di un saranagata, un devoto completamente arreso. Egli descrive le sei pratiche delle persone che dedicano seriamente la propria vita a Krsna: accettare ciò che è favorevole al servizio devozionale e rifiutare ciò che è sfavorevole, accettare Krsna come nostro unico custode e unico protettore, sviluppare un profondo senso di umiltà e donare completamente noi stessi alla missione del guru e di Krsna.


Favorevole e Sfavorevole

All’inizio della vita devozionale è difficile imparare a distinguere ciò che aiuta da ciò che ostacola il nostro avanzamento spirituale. Quando cominciai ad impegnarmi nella vita devozionale, avevo molte idee sbagliate su quello che era favorevole all’avanzamento spirituale. Prima d’incontrare i devoti camminavo a piedi nudi ovunque, ritenendola una pratica spirituale. Rimasi stupita quando appresi che fuori i devoti indossavano scarpe e che, fatta eccezione per i luoghi sacri, era sconsigliato camminare a piedi nudi. Pensando anche che vita spirituale significasse mangiare e dormire poco avevo cercato di ridurre ambedue le funzioni anche oltre i limiti della salute del mio corpo. Imparai subito che la vita spirituale comporta di essere equilibrati nei nostri bisogni materiali-evitando di esagerare in un senso e nell’altro. Srila Prabhupada aveva tradotto un certo numero di libri quando mi unii al suo movimento nel 1976. Studiare questi libri, specialmente Il Nettare della Devozione e Il Nettare dell’Istruzione, unitamente alla compagnia dei devoti, mi aiutò a comprendere ciò che era favorevole e ciò che non lo era. Una volta che abbiamo questa comprensione fondamentale, sta a noi fare le scelte che ci aiuteranno a fare avanzamento. Prabhupada ci diceva che il senso di gratificazione è come il sale. Un pochino è necessario, ma non troppo. Nello stesso modo, un po’ di rinuncia e di distacco possono aiutarci ad avanzare, specialmente all’inizio del nostro cammino spirituale, ma se si eccede, induriscono il nostro cuore. Per le persone che si immettono sul percorso della bhakti è importante una buona guida – dei devoti di cui abbiamo fiducia per essere aiutate a fare scelte giuste basate sulla loro natura individuale. Ciò che potrebbe essere eccessivo per qualcuno può essere poco per un altro. Trovare un devoto più avanzato che comprenda la nostra psicologia può aiutarci molto nel procedere sul nostro percorso.


Krsna come Nostro Custode

Coloro che hanno assorbito lo spirito dell’abbandono vedranno Krsna come il loro unico custode. Non saranno ansiosi riguardo al loro mantenimento e avranno completa fiducia che Krsna provvederà a tutte le loro necessità. Essi fanno la loro parte, ma sanno che in ultima analisi il Signore è la fonte di quello di cui hanno bisogno. Questa fede è il centro dell’abbandono e coloro che hanno sviluppato una profonda fede in questo principio sono liberati da molte ansietà.
Ai primi livelli della bhakti sviluppiamo la fede in Krsna come nostro custode leggendo i racconti su come Egli mantiene i Suoi devoti. Molti racconti delle Scritture dimostrano l’impegno di Krsna nel provvedere a tutte le necessità dei Suoi devoti. Per esempio, quando Narada Muni si avvicinò al cacciatore Mrgari, gli chiese dia abbandonare la sua abitudine malvagia di ferire gravemente gli animali per poi lasciarli morire. Egli illuminò il cacciatore sul karma, dicendogli che nella vita successiva avrebbe dovuto soffrire un destino simile a quello delle povere creature che torturava.
Dopo che il cacciatore ebbe sviluppato fede in Narad Muni come sua guida spirituale, Narada gli chiese di spezzare il suo arco. Mrgari esitò, chiedendosi come egli stesso e la sua famiglia sarebbero sopravvissuti se avesse abbandonato il suo mezzo di sussistenza. Narada gli assicurò che se avesse intrapreso il percorso spirituale, Krsna avrebbe provveduto a tutte le sue necessità. Il cacciatore accettò la richiesta di Narada, spezzo l’arco e s’impegnò nella pratica spirituale del canto dei santi nomi di Krsna.
Molti vicini di Mrgari si resero conto della sua trasformazione e cominciarono ad onorarlo come una persone santa. Tutti i giorni portavano del cibo a lui e alla sua famiglia, Anzi la quantità di cibo era così superiore alle loro necessità che Mrgari dovette chiedere di ridurla.
L’ascolto di queste narrazioni ci aiuta ad avere fede nel principio di vedere Krsna come nostro custode e questa fede ci dà la capacità di sforzarci in un modo che ci aiuta a vedere in pratica come Krsna ci mantiene. E’ accaduto anche nella mia vita: dopo aver lavorato a tempo pieno in una clinica psichiatrica per più di dieci anni mio marito ed io abbiamo affrontato il rischio di crearci un modo di vivere che ci lasciasse maggior tempo da dedicare alle pratiche spirituali. Ci spostammo in una comunità agricola ed io continuai la mia professione privatamente, per lo più facendo uso del telefono o di Internet. Sentii che Krsna soddisfaceva il nostro desiderio; avevamo ricevuto mezzi sufficienti per vivere comodamente, con maggior tempo per la nostra vita spirituale.


Krsna come Nostro Protettore

Il principio di saranagati è avere piena fede che Krsna ci aiuterà in tutte le situazioni. Appena diventai devota lessi Krsna: Dio, la Persona Suprema, in cui Srila Prabhupada riassume il Decimo Canto dello Srimad Bhagavatam. Il libro narra la vita di Krsna sulla Terra cinquanta secoli fa. Egli trascorse la sua infanzia a Vrndavana, un’idilliaca comunità rurale, circondato dai Suoi affettuosi devoti. Quello che mi colpì maggiormente fu la sequela apparentemente continua di situazioni pericolose che si succedevano a Vrndavana, una replica della Sua casa nel mondo spirituale. Perché la dimora di Krsna doveva essere minacciata da tanti pericoli? Perché, come appresi in seguito, ogni attacco successivo sferrato da un demone o da parte di un incauto essere celeste accresceva l’amore e la dipendenza che gli abitanti di Vrndavna avevano per Krsna.
Nel mondo materiale c’è un pericolo ad ogni passo e le persone sono molto preoccupate di come riusciranno a sopravvivere a così tante situazioni difficili. Senza conoscenza e senza fede in Krsna, non c’è rifugio dalla sofferenza. Con la conoscenza e senza fede in Krsna, possiamo correre dentro la bocca del demone Aghasura, dicendo, come fecero i piccoli mandriani: “Anche se è un demone, Krsna ci salverà.” L’esempio dei piccoli mandriani è l’espressione del principio di fede nella protezione di Krsna.
Naturalmente non ci mettiamo volutamente nelle difficoltà. Agiamo in modo intelligente, ma se mentre viviamo una vita dedicata ad avanzare spiritualmente, dobbiamo affrontare una situazione pericolosa, ci esercitiamo a prendere rifugio in Krsna. Inoltre ascoltando racconti delle Scritture su come Krsna protegge i Suoi devoti e le esperienze di devoti contemporanei (come il Diario di un Predicatore Viaggiante di Indradyumna Swami, sviluppiamo fede in questo principio. E’ importante anche capire che protezione non sempre significa protezione del corpo, ma piuttosto che noi, come anime siamo sempre protetti e se Krsna desidera che lasciamo la nostra situazione attuale, Krsna proteggerà noi, come anime, e non perderemo mai qualsiasi realizzazione spirituale abbiamo conseguito.


Umiltà

Il principio successivo contenuto nell’abbandono è l’umiltà.
Il sentimento dell’umiltà è cruciale per l’avanzamento spirituale. Il vero abbandono deriva dalla realizzazione che non possiamo fare niente senza la misericordia e l’aiuto del Signore. L’umiltà ci permette di lasciare che Krsna sia la guida della nostra vita. Di aprire il nostro cuore alle Sue istruzioni e di servirLo attraverso i Suoi rappresentanti in questo mondo materiale.
Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura diceva che l’inizio dell’umiltà e l’assenza di una mentalità di piacere. La nostra natura spirituale è la ricerca del piacere, ma quando cerchiamo il piacere nella materia, nelle cose temporanee, diventiamo degli approfittatori e degli sfruttatori. Per ristabilire la nostra coscienza spirituale, abbiamo bisogno di praticare il dare e il servire.


Donarsi Completamente

L’ultimo principio di saranagati è donarsi totalmente – corpo, mente e cuore – al servizio del Signore. Ciò significa che non abbiamo più alcun interesse separato da Krsna. Per praticare questo principio serviamo i Vaisnava avanzati e condividiamo con gli atri la coscienza di Krsna. Possiamo capire quando non doniamo noi stessi e quali attaccamenti materiali ci ostacolano. Lottiamo per avanzare e speriamo di attrarre l’attenzione di personalità spirituali che possano aiutarci a progredire.
Saranagati prepara il livello da cui sviluppare pienamente i nostri sentimenti d’amore. La pratica di questi sei principi contiene abhideya, ovvero il modo e il mezzo per ottenere l’amore di Krsna. Nella Bhagavad-gita (4.119 Krsna ci dice che Egli reciproca con i nostri sforzi di raggiungere la resa. Che cosa è questa reciprocazione? La conoscenza c’illumina sulla nostra realtà – esseri spirituale eterni che hanno una relazione d’amore con Krsna e tutti i Suoi compagni. Anche noi diventiamo gioiosi e sperimentiamo una realtà trascendente che sempre più gustiamo man mano che procediamo sul nostro percorso.
Ora ho una comprensione diversa del termine abbandono, ma trovo anche utile usare parole, come rifugio o riparo per aiutare anche chi potrebbe avere avuto un fratello maggiore durante la crescita.

Arcana Siddhi Devi Dasi fu iniziata da Srila Prabhupada nel 1976. Vive con suo marito e suo figlio a Sandy Ridge nel North Carolina, dove lavora come terapeuta di famiglia.


SRILA PRABHUPADA PARLA CHIARO
La differenza Tra Bhakti e il Karma

La seguente conversazione tra Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada ed alcuni suoi discepoli ebbe luogo nel giugno del 1974 durante una passeggiata mattutina a Ginevra.
DISCEPOLO: Krsna che cosa intende dire quando nella Bhagavad-gita afferma che dovremmo essere senza desideri?
SRILA PRABHUPADA: Egli intende dire che dovremmo desiderare solo di servirLo. Sri Caitanya Mahaprabhu diceva, na dhanam na janam na sundarim kavitam va jagad-isa kamaye: “Non voglio ricchezze. Non voglio questo, non voglio quello. Lasciate che mi annulli.” No
DISCEPOLO: Anche il non-devoto dice di sapere che cosa vuole, ma dice: “Posso ottenere gli stessi buoni risultati senza Krsna.”
SRILA PRABHUPADA: Allora è uno stolto, perché in realtà non sa quali siano “i buoni risultati”. Oggi lotta duramente per un “buon risultato”, ma domani desidererà qualcos’altro, perché al momento della morte avrà cambiato corpo. Una volta prenderà il corpo di un cane desiderandolo un “buon risultato” e un’altra volta prenderà quello di un essere celeste desiderando un altro “buon risultato”, Brahmatam upary adhah: vaga su e giù per l’universo, come … che cosa?
DISCEPOLO: Una ruota panoramica.
SRILA PRABHUPADA: Sì. Qualche volta raggiunge una posizione elevata e poi di nuovo deve scendere e prendere il corpo di un cane o di un maiale. E va avanti così.

Brahmanda bhramite kona
Bhagyavan jiva
Guru-krsna-prasade paya
Bhakti-lata-bija

“Tra coloro che vagano su e giù per l’universo per molte vite, uno ottiene la grande fortuna di poter vivere una vita di devozione per la misericordia di Krsna e del maestro spirituale.” (Caitanya-caritamrta, Madhya 19.151)
DISCEPOLO: Sì, ma il non devoto dirà: “Anche noi facciamo un buon servizio. Voi distribuite il cibo e anche noi facciamo. Voi aprite scuole e anche noi apriamo scuole.”
SRILA PRABHUPADA: Sì, ma noi apriamo scuole che insegnano la coscienza di Krsna, mentre le vostre scuole insegnano l’illusione. Il problema è che i mascalzoni non conoscono la differenza tra bhakti (servizio devozionale) e karma (attività materiale). Bhakti sembra simile al karma, na non è karma. Nella bhakti anche noi lavoriamo, ma per Krsna. Questa è la differenza. Per esempio Arjuna combatté nella battaglia di Kurushetra, ma poiché combatteva per Krsna è considerato un grande devoto. Krsna gli disse, bahkto ‘si me … priyo ‘si me: “Arjuna, tu sei un mio caro devoto.” Che cosa fece Arjuna? Combatté, così è, ma combatté per Krsna. Questo è il segreto. Egli non cambiò la sua capacità di combattere da guerriero, ma cambiò la sua mentalità. All’inizio pensava: “Perché devo uccidere i miei parenti? Lascia che abbandoni il campo di battaglia per andare nella foresta a fare il mendicante.” Krsna invece voleva che combattesse, perciò alla fine si arrese e lo fece come servizio a Krsna. Non per la propria gratificazione dei sensi, ma per la gratificazione dei sensi di Krsna.
DISCEPOLO: Allora la gratificazione di sensi c’è anche nel servizio devozionale?
SRILA PRABHUPADA: Sì. Un karmi lavora per la gratificazione dei propri sensi e un bhakta lavora per la gratificazione dei sensi è karma, mentre quando lavori per la gratificazione dei sensi di Krsna è bhakti Bhakti e karma sembrano simili, ma la qualità è diversa.
Un altro esempio è il comportamento delle gopi (amiche di Krsna). Krsna era un bel ragazzo e le gopi erano attratte da Lui. Esse Lo volevano come amante e nel mezzo della notte uscivano dalle proprie case per ballaer con Lui. Perciò sembra che si comportino in modo colpevole – ma non è così perché il centro era Krsna. Pertanto Caitanya Mahaprabhu consiglia, ranya kacid upasana vraja – vadhuvargena ya kalpita: “Non c’è modo migliore per adorare Krsna di quello praticato dalle gopi.”
I mascalzoni però pensano: “Oh benissimo! Krsna nel mezzo della notte danzava con le mogli di altri uomini, allora lasciateci riunire delle ragazze per danzare e anche noi ci divertiremo come Krsna.”
Questo è un equivoco grossolano sui divertimenti di Krsna con le gopi.
Per prevenire questo equivoco, Srila Vyasadeva ha dedicato nove canti dello Srimad-Bhagavatam a descrivere la posizione di Krsna come Dio, la Persona Suprema. Poi dà una descrizione del comportamento di Krsna con le gopi. I mascalzoni però vanno immediatamente al Decimo Canto, ai rapporti di Krsna con le gopi. In questo modo diventano sahajiya (falsi devoti)
DISCEPOLO: Se persone di questo tipo in qualche modo stanno in contatto con Krsna sperimenteranno un cambiamento nel cuore?
SRILA PRABHUPADA: No. Anche Kamsa stette a contatto con Krsna – ma come nemico. Questa non è bhakti. La bhakti deve essere anukulyena krsnanu-sila-nam: servizio devozionale favorevole. Non si deve imitare Krsna o cercare di ucciderLo. Anche questa è coscienza di Krsna, ma non è favorevole, perciò non é bhakti. Tuttavia i nemici di Krsna ottengono la salvezza, perché in un modo o nell’altro hanno pensato a Krsna. Essi ottengono la liberazione impersonale, ma a loro non è permesso di entrare a far parte dei divertimenti di Krsna nel mondo spirituale. Questa benedizione è riservata a coloro che praticano con amore una pura devozione a Krsna.


CALENDARIO

Questo calendario è calcolato per la zona di Firenze. Le date, che derivano dal calendario lunare, possono variare per altre zone. Per ottenere le date esatte della vostra area collegatevi al sito www.krishna.com/calendar.
Poiché il Movimento Hare Krsna si basa sulla linea di maestri che discende da Sri Caitanya Mahaprabhu, il calendario include non solo date rilevanti per tutti i seguaci della tradizione Vedica, ma anche date riferite ai compagni del Signore e a preminenti maestri spirituali della Sua successione.

11 Novembre – 10 Dicembre
(Mese di Kesava)

NOVEMBRE

21-Utpanna Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 7:17-10:26)
Anniversario della scomparsa di Narahari Sarkara Thakura.

DICEMBRE

6-Moksada Ekadasi
(Rompere il digiuno 7:34-9:33)

11 Dicembre – 9 Gennaio
(Mese di Narayana)

DICEMBRE

14-Anniversario della scomparsa di Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura, il maestro spirituale del fondatore del Movimento per la Coscienza di Krishna, Srila A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada.
Digiuno fino a mezzogiorno

21-Saphala Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 7:45-10:44)
Anniversario dell’apparizione di Devananda Pandita


11 Dicembre – 9 Gennaio
(Mese di Narayana)

25-Anniversario dell’apparizione di Srila Locana Dasa Thakura, grande devoto di Krsna conosciuto per i suoi canti devozionali in Bengali.

27-Anniversario della scomparsa di Srial Jiva Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana.


GENNAIO

4-Putrada Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 10:38-10:49)

10 Gennaio – 7 Febbraio
(Mese di Madhava)

13-Anniversario dell’apparizione di Srila Gopala Bhatta Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana.

13-Anniversario della scomparsa di Srila Jayadeva Gosvami, grande maestro spirituale e autore della Gita-govinda.

19-Sat-tila Ekadasi
Digiuno di cereali e elgumi.
(Rompere il digiuno 7:43-10:51)

28-Anniversario dell’apparizione di Srila Raghunatha Dasa Gosvami, uno dei sei Gosvami di Vrndavana. Anniversario della scomparsa di Srila Visvanatha Cakravarti Thakura, maestro spirituale e autore Vaisnava che apparve nel diciassettesimo secolo. Anniversario dell’apparizione di Srimati Visnupriya Devi, la consorte di Sri Caitanya.

30-Anniversario dell’apparizione di Sri Advaita Acarya, una incarnazione dell’espansione Maha-Visnu di Krsna e compagno intimo di Sri Caitanya. Digiuno fino a mezzogiorno.


FEBBRAIO
1-Anniversario della scomparsa di Sri Madvacarya, grande maestro spirituale



BRANI DI LIBRI
Risoluti nel Vivere
LA VITA DELL’ANIMA
Il desiderio di essere coscienti dell’anima ispirata a spostarsi in un luogo compatibile con l’anima
Di Visakha Devi Dasi

“L’anima (jivatma) è non nata, eterna sempre esistente e primordiale. Non muore quando il corpo muore.”
(Bhagavad-gita 2.20)

Appresi i primi dettagli su jivatma – l’anima – nel 1971 durante un mio viaggio oltreoceano quando ero ancora nubile. Mi recavo in India ad incontrare il mio boyfriend di allora (in seguito mio marito) John e per me, nata e cresciuta nell’ateismo, jivatma era un’idea insolita ed estranea.
Un’idea però può essere come un seme: può germogliare.
Come un rugoso alberello di ginepro si abbarbica a una scogliera esposta alle intemperie, così nonostante i forti venti dello scetticismo e il turbine delle distrazioni, l’idea di jivatma si radicò nel mio cuore e generò un insieme confuso di “domande senza risposta”. E se il corpo contenesse una infinitesimale particella spirituale – l’anima – che è antitetica al corpo, una particella che non nasce e non muore, che è indistruttibile ed eterna?
E se l’anima fosse la sorgente della vita e della coscienza del corpo, come il sole è la fonte del calore e della luce dell’universo? E se la vita non provenisse da una combinazione temporanea e fortuita di elementi materiali? Ero una giornalista fotografa che esplorava Mumbai e queste riflessioni, distraendomi dai rumorosi clacson delle macchine e dalle strade brulicanti, mi portavano verso una strana possibilità di trascendenza. La mitica ed estranea idea di Jivatma piano piano cominciò a minare quella che per me era stata una vita di disperazione nascosta: qual è lo scopo della vita, della pace, del successo – di qualsiasi cosa – se tutto non è altro che un’effimera combinazione di elementi? Perché vedere differenza tra il male e ciò è degno d’onore, tra l’ordine e la confusione? E perché lavorare così duramente?
Più che una teoria consolatoria che mi salvava dalla confusione e dalla depressione, senza rendermene conto, la plausibilità di jivatma cambiava gradualmente la mia percezione. Una mattina presto, prima che iniziasse il trambusto di Mumbai, vidi un carro trainato dai buoi avvicinarsi ad uno dei più popolari negozi di dolciumi della città. Immediatamente quattro uomini robusti usciti dal negozio cominciarono a scaricare i sei contenitori d’alluminio contenenti ciascuno circa cento litri di latte fresco. Uno dopo l’altro vuotarono i contenitori, mentre il latte scorreva come una cascata di primavera in sei enormi pentole di ferro nero sotto cui già ardevano alte fiamme. Ragazzi magrissimi impugnarono lunghi bastoni d’ottone che terminavano con larghe palette e cominciarono a girare il latte. Nel frattempo una donna vestita di stracci con tre bambini, anch’essi con abiti consunti, si avvicinò, colpì leggermente ciascuno dei contenitori vuoti e ora relativamente leggeri, facendo sì che la piccola quantità di latte rimasta gocciolasse in un vaso di terra tenuto da uno dei suoi figli. Dopo che ebbe battuto sui sei contenitori, il vaso era pieno di latte fresco, Gli addetti della pasticceria la ignorarono, dandomi l’impressione che si trattasse di una consuetudine. Questa donna aveva un portamento così dignitoso e felice, era così consapevole del suo compito e del suo amore per i figli, che, nonostante la sua umile attività, mi sorpresi a considerarla non una persona povera né una donna indiana, ma un individuo animato da una nobile, luminosa scintilla divina. La presenza dell’anima diventava percepibile. Nella Bhagavad-gita Krsna afferma che il centro del dilemma di Arjuna e anche del mio – e di chiunque altro – è che abbiamo dimenticato chi siamo. Noi siamo anime (jivatma), dice Krsna, e risiediamo in un corpo temporaneo. L’anima è più sottile dei sensi perciò non può essere vista, toccata o assaggiata. E’ aldilà dell’intelligenza che riceve ed analizza le informazioni aldilà della mente che desidera utilizzare ciò che i sensi percepiscono l’anima è aldilà del tempo e dello spazio. La sua presenza nel cuore vivifica il corpo e la sua assenza rivela la vera natura del corpo: un cadavere.

Uno Spostamento verso la Semplicità

Così, decenni dopo Mumbai, spinti dal nauseante stress senza fine della vita di Los Angeles e attratti da una vocazione spirituale, John ed io, messi da parte i nostri timori di perdere le comodità per trovare una naturale semplicità, mettemmo tutto quello che avevamo in alcune scatole, aiutammo nostra figlia Priya a scrivere su ognuna di esse il contenuto, le caricammo su un furgone preso in affitto e ci dirigemmo verso nord. Trepidazione mista a speranza e gioia quando una bambina di cinque anni e due pionieri dai capelli grigi ma col cuore giovane nella speranza di liberarsi, si misero in viaggio, pronti ad essere tutto quello per cui erano stati fatti, pronti a rinnovare il loro amore per la vita e l’uno per l’altro e ad esplorare la propria capacità d’amore, pronti ad essere se stessi – jivatma. Una volta superata la moderna confusione dei tentativi umani di ottenere la felicità nella forma di oscure sale di videogiochi, di luoghi per cibarsi in modo veloce e senza riflettere, di file di edifici per uffici, di centri commerciali attraenti ma che stordiscono, compresi che semplicemente osservando me stessa potevo sperimentare la presenza di jivatma: come avessi sempre cercato la felicità e come jivatma è sempre felice: come non volessi morire e jivatma è eterna; come aspirassi ardentemente alla comprensione e al significato e jivatma è sempre piena di significato e di conoscenza: come fossi convinta della mia importanza e jivatma è importante per natura; come nonostante la mia età, mi sentissi giovane e jivatma è sempre giovane.
Ma non finiva lì. Pensavo a quei momenti, in cui accarezzata dalla brezza dell’oceano, potevo sentire di essere soddisfatta in me stessa ed essere felice di donare me stessa, jivatma è soddisfatta e fiorisce grazie al suo servizio disinteressato. In realtà non avevo bisogno di paragonarmi ad altri o di essere speciale e famosa.
In tutti gli anni trascorsi tra Mumbai e Los Angeles la tenace idea di jivatma rimaneva radicata nell’avamposto duro del mio cuore. Ed ora una parte di me voleva cercare di essere chi ero, cercare di sciogliere il nodo dell’ignoranza che mi portava ad identificarmi falsamente con al mia mente e il mio corpo. Forse ero un’aliena nel caos della città perché ero un’aliena anche per il mio vero sé: forse era jivatma che dal mio cuore gridava: “Vai al di là della superficie dell’esistenza!” Jivatma, la mia misteriosa voce interiore, sa che dà la vita al corpo e alla mente perché abbiano un significato e uno scopo superiori. Jivatma è dedicata a quello scopo.
Quella minuscola particella spirituale rifiuta il modo in cui faccio cattivo uso del mio corpo e della mia mente e rifiuta una società che sostiene questo cattivo uso, ma per essere cosciente di jivatma sentivo di aver bisogno di un luogo compatibile con essa. Fortunatamente John voleva la stessa cosa per se stesso e tutti e due lo volevamo per Priya.
Sharanagati, una comunità Hare Krsna nella Columbia Britannica, in Canada, era austera e in una zona remota, ma forse era l’unico luogo in cui la mia famiglia ed io potevamo imparare che la sacralità non era complicata e impossibile. Io sono e tutti noi siamo già sacri. Per realizzare la nostra sacralità, alcuni di noi – come la mia famiglia ed io – avevamo bisogno di vivere in un luogo più santificato di una città, un luogo naturale insieme con persone che vivevano semplicemente su questa Terra, persone piene di meraviglia e di amore, di desiderio e di gratitudine.


Decisi a Vivere con Risolutezza

Tre giorni dopo aver lasciato Los Angeles ed aver percorso 2400 chilometri circa, John, Priya ed io entrammo nel vialetto della nostra piccola casa in affitto, color cioccolata, dalle pareti di legno a Sharanagati. Fino a questo momento la casa non era stata visibile e quando attraverso il parabrezza guardai le sue finestrine e notai il percorso che un animale aveva scavato attraverso l’isolamento di paglia del sottotetto. Fui assalita dal dubbio. Che razza di posto era questo? Stufa di star seduta scesi dal camioncino nella bellezza del silenzio e dello spazio di Sharanagati. La sua aria pulita, le sue colline e i suoi corsi d’acqua a non finire, il suo immenso brillante cielo blu mi portarono faccia a faccia con una profonda ma calda realtà che mi dava il benvenuto e mi abbracciava.
Ero in estasi. John, Priya ed io l’avevamo fatto davvero. Eravamo liberi. Avevamo fatto una paurosa mossa rivoluzionaria non basata sul nostro lavoro, su ciò che gli altri si aspettavano da noi – e certamente non sul clima o sulla nostra comodità! – ma su quello che era meglio per noi come famiglia e come individui. Perfino la condizione ancora sconosciuta della nostra casa in affitto non calmò i miei spiriti. John ed io calcolammo che qui le spese mensili sarebbero state un terzo di quelle che avevamo a Los Angeles.
Due giorni dopo aver vuotato l’ultima scatola del nostro trasferimento, ero sul pendio meridionale accanto alla nostra nuova casa, a strappare erbacce e togliere sassi per fare spazio a un giardino. Era un torrido pomeriggio di giugno senza vento e quando feci una pausa all’ombra di un grande abete, mi resi conto di un’intensa attività sul terreno – formiche nere: formiche rosse e nere che, come scoprii, davano dei dannati morsi; formiche piccole, medie e grandi. Si spostavano velocemente per pochi centimetri, poi esistevano, talvolta consultandosi brevemente con le formiche che facevano il percorso opposto, cambiavano leggermente il loro tragitto e si affrettavano ad andar via. Ben presto scoprii sei grandi colonie di formiche sotto pietre diverse ognuna sovrappopolata e in grande attività, alcune contenevano circa un centinaio di grandi uova biancastre ben disposte che sembravano file di riso soffiato. Ogni formica svolgeva la propria funzione specifica con un intento chiaro e fortemente motivato. Apparentemente non si scoraggiava mai e raramente si confondeva, anche quando la sua casa veniva disturbata e intorno ad essa ferveva una grande attività. Per natura le formiche erano determinate, disciplinate ed armoniose. Io però non ero una formica. Sebbene apprezzassi la loro risoluta determinazione e cooperazione, diversamente da loro non agivo semplicemente per istinto ma facevo delle scelte: potevo scegliere di combattere le formiche o di ignorarle. Sebbene i morsi delle formiche scoraggiassero Priya dal dedicarsi al giardinaggio, io potevo scegliere di essere consapevole di un sé più elevato e di agire secondo di suoi suggerimenti o d’ignorare la voce interiore – la voce dell’anima – che voleva di più di un giardino libero dalle formiche. Quella voce voleva essere libera dall’essere schiava dei desideri, chiedeva con forza qualcosa al di là dell’avere un’educazione, del tirar su una famiglia e del lasciare un buon nome ai posteri. Insisteva: “La vita è più di una guerra continua contro vari guai e varie sofferenze. E’ più che mangiare e dormire, più della soddisfazione sessuale, del lavoro e del tempo libero.”
La Bhagavad-gita inequivocabilmente m’informava che ero fatta per funzionare come jivatma – cioè per partecipare alla dimensione spirituale della vita. Fare questo era un altro genere di lotta poiché io, jivatma, trasformavo la teoria di Jivatma in pratica. Io però sono una persona comune non una santa. Avrebbe funzionato? In queste prime settimane, la novità di lavorare la terra e la bellezza del silenzio e degli spazi aperti rendevano deliziosa al vita a Sharanagati. Quando però le settimane sarebbero diventate mesi, anni e decenni, sarei diventata un robot invece che determinata? Questa vita nuova sarebbe diventata senza significato come quella di prima?
Forse, seguendo la guida diretta della Bhagavad-gita, vivendo in campagna con la mia famiglia, anche se le nostre entrate erano modeste, potevamo vivere come jivatma. La base del nostro tentativo sarebbe stato la determinazione – la nostra costante decisione di sfidare i nostri sentimenti e dubbi contrari, cercando di fare al momento le scelte migliori, grandi e piccole. Mio marito ed io avremmo potuto perdere facilmente di vista il nostro obiettivo e tornare a Los Angeles, ma per il nostro stesso bene e perché questo era il miglior posto che conoscevamo per nostra figlia, non facemmo quella scelta. Rimanemmo. A Sharanagati, avvolti dalla natura, sentivamo che la purezza della nostra risoluzione, simile a quella delle formiche, avrebbe preso seriamente perfino un granello di fede e sospeso qualsiasi incredulità; il mistero della risoluzione ci avrebbe permesso di aver fede nell’intangibile, sapendo che gli avvenimenti esterni non possedevano e mai avrebbero posseduto un potere decisivo su di noi.
Da sola in ginocchio – in giardino o in camera mia o nel tempio – con risolutezza assunsi la responsabilità della mia vita, subordinando i miei sentimenti ai miei valori e rischiando nel sostituire i miei vecchi schemi di pensiero con quelli nuovi offerti dalla Gita. Con risolutezza spirituale agivo per il bene di jivatma e con semplice sincerità evitavo deviazioni e aridità.
Perciò “risoluto” significa rimanere concentrato, sopportare le avversità (comprese le zanzare e la confusione fatta dai bambini), essere flessibile di fronte alle sfide, discriminare tra le cose da fare e quelle da non fare ed imparare dagli errori. Dopo aver provato dei deterrenti eco-compatibili ma inefficaci contro le formiche, per evitare di ammettere la sconfitta, le ignorai, ma scoprii che gli orsi scuri si divertivano a capovolgere le pietre del nostro giardino per scovare le colonie delle formiche e mangiarsele. Gli orsi tenevano sotto controlla la quantità delle formiche e tutto quello che io dovevo fare era rimettere a posto le pietre spostate dagli orsi. (Questi orsi erano timidi nei rapporti con le persone, perciò non dovevamo temerli. Infatti, non ne vedevamo se non molto difficilmente) Se rimanevo tranquilla e risoluta, almeno qualche problema si sarebbe risolto da solo.
“Irresoluta” significava che, scoraggiata dal mio torpore, agitata dalle difficoltà e dimentica di jivatma, avrei trascorso una vita banale sentendomi come un bagaglio abbandonato, vulnerabile ai cambiamenti di fortuna e alle opinioni altrui, con una speranza cieca di una felicità futura. E avrei evitato la spaventosa esperienza di essere sola e di sentire il vuoto e l’inutilità di un’esistenza vissuta solo sulle cose esteriori, impegnandomi fortemente nel lavoro e abbandonandomi alle molteplici distrazioni offerte da questa società.
La decisione più importante nella mia vita spettava me: accettare il mio ruolo, compiere i miei doveri e nello stesso tempo diventare consapevole della mia identità e del mio scopo. Con la forza della determinazione potevo affrontare in piena consapevolezza le scelte e gli avvenimenti della mia vita, sia che vivessi in città, in campagna. Un mese dopo che eravamo arrivati a Sharangati. Priya ed io stavamo piantando il nostro terzo pero quando un aeroplano ci sorvolò, lasciando nel cielo una scia di fumo bianco. Attonita. Priya guardò in alto e disse: “Che cosa è quello?” con un tono che fece chiedere anche a me stessa perché fosse necessario che un grande e rumoroso congegno di metallo sporcasse l’infinito, puro blu del cielo.
Le formiche stavano ancora trafficando ai nostri piedi, ma ce n’erano meno.

Visakha Devi Dasi contribuisce da quasi quaranta anni a BTG.


IL FUTURO DI “RITORNO A KRISHNA” E’ NELLE VOSTRE MANI!

Ringraziamo di cuore tutti i letto di “RITORNO A KRISHNA” che hanno risposto ai nostri appelli dei mesi precedenti e ci hanno generosamente sostenuti con le loro graditissime donazioni. Purtroppo sono ancora molti coloro che stanno ricevendo “Ritorno a Krishna” non inviando donazioni da lungo tempo. Se siete interessati a leggere ancora “Ritorno a Krishna” e siete tra coloro che non hanno inviato donazioni nell’ultimo anno o anche se volete fare di più per sostenerci, vi preghiamo di voler provvedere ad inviare le vostre donazioni con cortese sollecitudine, utilizzando l’allegato bollettino di conto corrente postale o se preferite inviando un bonifico a favore di:

Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna
Strada Bonazza, 11 – 50028 Tavarnelle Val di Pesa (Fi)
Bnaca Intesa Sanpaolo IBAN IT39 M030 6971 9400 6501 6710 144

E’ importante che le donazioni si ano inviate con regolarità (almeno una volta all’anno)
Mandateci gli indirizzi di vostri parenti, amici e conoscenti che possono diventare lettori di “Ritorno a Krishna”.
A loro saranno spediti gratuitamente alcuni numeri della rivista.



GLI SPORTIVI SPIRITUALI
Quando si tratta della partita della vita, competere per l’oro è meno importante che tornare da Dio.
Di Navina Syama Dasa

“L’importante non è vincere o perdere, ma come si gioca la partita.” Negli Stati Uniti, la maggior parte dei ragazzi hanno ascoltato questa frase stereotipata ad un certo momento della loro vita, soprattutto dopo aver perso in una competizione atletica. I genitori la usano per ricordare che seguire le regole e perdere è preferibile a non rispettarle e vincere. Certamente i partecipanti hanno diverse opzioni su come affrontare uno sport o una gara, determinate spesso dal loro livello di maturità. Consideriamo tre modi di approccio che potrebbero applicarsi al tennis.
Talvolta i bambini fanno oscillare le loro racchette senza pensare, colpendo con le palle al siepe come se fosse loro avversario e la rete, tutto con lo stesso piacere. Con nessun particolare scopo in mente e nessuna comprensione delle regole, credono che qualsiasi cosa facciano sia giusta, perché stanno divertendosi.
Probabilmente invece gli allievi impegnati in tornei sono seri e concentrati; per loro la gara non è tanto per divertirsi quanto per acquisire prestigio tra i loro compagni. A questo fine, conoscere le regole ed essere in grado di padroneggiarle è della massima importanza, perché il minimo errore costerebbe loro la partita, mentre invece un’attenta conformità alle regole potrebbe portarli alla vittoria. Infine un uomo d’affari che gioca a tennis con un potenziale cliente può mostrare uno stato d’animo diverso. Essendo più interessato a stabilire una relazione per concludere alla fine un affare, in confronto considera il risultato della partita di tennis di modesta importanza.
Sebbene ancora attento alle regole, l’uomo d’affare le segue solo per amore di civiltà e di buon rapporto, perché ha in mente uno scopo più importante della semplice vittoria atletica.
Anche noi possiamo affrontare il gioco della vita in tre modi, specialmente se vi collochiamo la religione. Alcune persone rifiutano la religione. Il loro scopo è trarre da ogni giorno il maggior piacere sessuale ed emotivo possibile e come lo facciano è una questione di preferenza personale e non una prescrizione. Come i bambini che giocano, esse non riconoscono un ordine sottostante o uno schema di guida per la partita della vita e pertanto si sentono liberi di comportarsi come ritengono opportuno.
Altre persone accettano la religione come mezzo per ottenere un successo materiale. Come i partecipanti a un torneo sanno che seguire meticolosamente le regole è l’unico modo per vincere un trofeo, molte persone religiose aderiscono alla legge divina ritenendolo il modo più sicuro di ottenere felicità in questo mondo. Riconoscono un creatore e un controllore ma pensano che i principi che Egli propone riguardino soprattutto il presente.
Un altro gruppo ancora considera la religione un percorso d’illuminazione; il successo o il fallimento sul piano terrestre non è per loro né il centro né lo scopo definitivo della vita. Come un uomo d’affari che gioca a tennis in modo corretto solo per collegarsi a un cliente, essi seguono scrupolosamente le leggi e i riti religiosi nella loro vita quotidiana, ma al solo scopo di sviluppare una relazione con Dio. Essi dunque usano il gioco per ottenere un tipo di successo migliore.
Srila Prabhupada ha sempre invitato il suo pubblico a seguire quest’ultimo approccio alla religione. Egli dichiarava che negare l’esistenza di Dio disprezzando apertamente le Sue leggi è la più grande stupidità. Tuttavia, ha anche sostenuto che accettare queste leggi è la più grande stupidità. Tuttavia, ha anche sostenuto che accettare queste leggi semplicemente come una formula perla prosperità materiale, è avere al vista corta.
Invece, incoraggiava i suoi seguaci ad adottare molti degli innumerevoli insegnamenti che nelle Scritture vediche regolano il modo di vivere in questo mondo, non necessariamente per essere felici in questo regno, ma per elevare la loro coscienza ed aiutarli ad assicurarsi l’ingresso in un regno più elevato. Per esempio, nel secondo verso del Nettare dell’Istruzione, egli spiega: “Coloro che sono interessati alla coscienza di Krsna non dovrebbero seguire le regole per ottenere uno sviluppo economico, ma dovrebbero obbedire con grande fede a tutte le regole delle Scritture per progredire nella coscienza di Krna.”
Certamente gli insegnamenti di Prabhupada non sono stati gli unici a questo riguardo: il sincero ricercatore può scoprire tematiche simili in molte delle grandi fedi del mondo nelle loro presentazioni originali. Inoltre anche vari movimenti presumono di offrire a i loro seguaci l’accesso a un altro piano di esistenza migliore. Il metodo della coscienza di Krsna fornisce però un’opportunità particolarmente convincente e dinamica ai confusi e insoddisfatti abitanti del mondo odierno di accettare la religione nel suo significato più profondo: un mezzo per trascendere la nostra esistenza materiale temporanea e farci rivivere la nostra eterna relazione spirituale con Dio.

Dettagli del Mondo Spirituale

La caratteristica più importante della coscienza di Krsna consiste nella ricchezza di dettagli con cui essa presenta la realtà alternativa che è la nostra vera casa. Le Scritture vediche non solo descrivono direttamente il regno di Dio, come nel quindicesimo capitolo del Terzo Canto dello Srimad-Bhagavatam, ma contengono anche il ripetersi delle Sue attività in questo mondo ogni volta che vi discende, come nel Decimo Canto dello Srimad-Bhagavatam.
Il mondo spirituale è una specie di fotocopia di quello materiale? Si e no. La Brahma-samhita (5.56) ne riassume l’essenza, informandoci che ha la stessa struttura di base e comprende le stesse interazioni fondamentali di questo mondo: ci sono alberi e cielo, le persone hanno braccia e game e provano piacere a relazionare tra loro, ci sono il giorno e la notte, ci sono scherzi e danze. Questo mondo però si distingue per alcuni aspetti significativi. Per cominciare, gli ostacoli che ci affliggono qui, là non esistono. Nessuno ha la preoccupazione di essere brutto o goffo, stupido o debole: nessuno invecchia; nessuno muore: lo Srimad-Bhagavatam (3.15.14) ci informa che tutti i residenti del regno di Dio sono perfetti come Lui, sebbene non allo stesso livello. Inoltre là nessuno so sente solo o rifiutato o annoiato. Tutti invece sono felicemente impegnati nel servizio d’amore al Signore.
In realtà la centralità di Krsna è la caratteristica distintiva fondamentale del mondo spirituale. A livello materiale guardiamo le persone e gli oggetti intorno a noi solo per il nostro interesse. Quando vediamo del cibo, consideriamo se per noi è attraente o ripugnante. Quando vediamo le altre persone, valutiamo se per noi sono attraenti e no o quale beneficio potremmo ottenere ad avere relazioni con loro.
In breve ciascuno di noi è il soggetto principale del nostri mini universo e tutti gli atri son più o meno oggetti di contorno da godere o da evitare a seconda dei nostri desideri. Sul piano spirituale invece Krsna è l’attore principale nella vita di ognuno. Desiderare di compiacerLo motiva i pensieri e le azioni e questo obiettivo comune rende completamente armoniche le relazioni. Come in un laghetto in cui sono state gettate molte pietre in successione nello stesso punto dando origine a un cerchio dopo l’altro, così tutti hanno lo stesso centro e la stessa sequenza ritmica,; il regno di Dio è lo scenario di attività diverse, tutte con lo stesso centro.


Come Siamo Venuti Qui

Le Scritture della coscienza di Krsna non solo descrivono con accuratezza la bellezza e la gioia del mondo da cui veniamo, ma spiegano anche come mai siamo finiti qui. Perché se la nostra vera casa è nel ciclo spirituale, ci troviamo in questo luogo di sofferenza e di lotta? E perché, se tutto ciò che vediamo intorno a noi è semplicemente un’illusione, pur apparendo così tangibile e reale, invece il mondo spirituale ci appare frutto di fantasia?
Senza risposte a queste domande potremmo, a livello intellettuale, ritenere ingiustificata la fede in Dio e nel Suo meraviglioso regno. In questo caso, anziché impegnarci seriamente nella religione, potemmo essere portati a condurre la vita secondo regole nostre. Fortunatamente, le Scritture vediche offrono una risposta profonda, facendo brillare distintamente ciò che nelle altre tradizioni è stato ridotto a un debole eco di fondo: siamo qui perché siamo diventati invidiosi di Dio e abbiamo desiderato di prendere il Suo posto.
Quelli di noi abituati a lottare contro la fede in Dio (che dire di giustificare questa fede negli atri) possono trovare difficile concepire l’esistenza di Dio come verità fondamentale e realtà primaria della vita. Nel mondo spirituale invece questa è la visione che tutti hanno e l’apparente assenza di Dio nel nostro mondo è in realtà un’illusione elaborata. Dunque, l’unico scopo di questo mondo è simulare un’esistenza senza Dio. E’ soltanto una simulazione, perché Egli rimane sempre dietro le quinte per organizzare il Suo intervento per mezzo delle Sue numerose energie, proprio come un manager e la sua struttura amministrativa sono sempre dietro al tranquillo andamento di qualsiasi struttura organizzata, sia essa una città, una corporazione o una nazione. Dio però guida il mondo con una discrezione tale che se una persona ne ha la tendenza, può fingere che Egli non esiste. Perché sta nascosto? Semplicemente per esaudire il nostro desiderio di essere liberi da Lui.
Sebbene tutti gli abitanti del regno di Dio siano gioiosamente intossicati dal puro amore per Lui, senza la minima traccia di insoddisfazione, qualcuno inconcepibilmente si chiede quanto potrebbe piacergli essere il centro del cerchio, anziché parte di uno dei suoi anelli concentrici. Questo pensiero diventa foriero di cattiva fortuna per quegli esseri viventi a cui Krsna dà la benedizione e la maledizione di vedere soddisfatto questo desiderio illecito.

Come Srila Prabhupada riassume alla fine della sua spiegazione al verso 20.117 della Caitanya-caritamrta, Madhya-lila: “E’ necessario comprendere che l’essere individuale cade nell’esistenza materiale a causa del suo desiderio di porsi in competizione con Krsna.”

Perciò non dovremmo pensare che l’apparente genuinità di questo mondo sia in contrasto con la sua tendenza ad ingannare. Se il mondo apparisse in altro modo non sarebbe utile alla sua funzione. Come i bambini birichini che desiderano fortemente impadronirsi della scatole dei biscotti possono farlo solo quando i genitori sono fuori casa, così anche le anime ribelli possono sperimentare l’effimera sensazione d’indipendenza da Dio solo se credono di essere soli nell’universo; diversamente, se figure autorevoli continuano a mostrarsi alla porta, questo toglie tutto il piacere.


Come Ritornare

Allontanandoci da Krsna e dimenticandoLo, abbiamo iniziato una vita di sofferenza e l’unica soluzione è impegnarci di nuovo esclusivamente al Suo servizio. Ma questo è uno scopo realistico? Si, le Scritture vediche fanno la notevole affermazione che l’indiscussa realtà del consenso della maggioranza della popolazione del mondo è una farsa e sostengono questa affermazione con sofisticate argomentazioni sulla vera realtà e sul perché ne siamo stati tagliati fuori. Mentre però questo può bastare a convincerci che la religione in generale e la coscienza di Krsna in particolare, meritino la nostra attenta considerazione, probabilmente abbiamo bisogno di qualcosa di più per abbandonarci completamente. Dopo tutto, se le interazione sensoriali ed emotive son ostate la nostra unica sorgente di piacere, troveremo difficile andare oltre accettando la religione come semplicemente il mezzo migliore per favorire queste interazioni, come immaturi partecipanti a un torneo che sono consumati dal desiderio di vincere un trofeo di tennis e non riescono ad immaginare niente di più importante. Solo se riusciamo a gustare un piacere più elevato nel rapporto spirituale con Dio, possiamo abbracciare la religione e il suo vero scopo trascendentale. Come un uomo d’affari che non è disturbato dalla perdita di una partita di poco conto, avendo visto quale sostanziale guadagno potrebbe derivare dalla relazione realizzata grazie al suo gioco corretto.
La coscienza di Krsna – come illustrata da Sri Caitanya Mahaprabhu in India più di cinquecento anni fa e da Srila Prabhupada in tutto il mondo, poco più di quaranta anni fa – fornisce proprio una grande opportunità per accedere alla realtà spirituale in questa stessa vita. Infatti il metodo consigliato è unicamente degno di nota per la sua semplicità, potenza e rapidità. Basta recitare i nomi di Dio, in particolare Hare Krsna, Hare Krsna, Krsna Krsna, Hare Hre / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare, con sincerità e concentrazione per sentire una soddisfazione spirituale inconfondibile. E’ questa la meraviglia della creazione materiale di Krsna: essa è così completa e perfetta che può fornire contemporaneamente un terreno di gioco senza Dio per coloro che desiderano ignorarLo e un tempio con Dio al centro per coloro che desiderano servirLo. Anche in questo mondo l’esistenza di Dio può diventare chiara e tangibile a noi come il naso sul nostro viso. Il piacere che ne risulta, vero e sempre crescente, rappresenta proprio l’incentivo e il sostegno di cui abbiamo bisogno per vivere correttametne in questo mondo agendo secondo i principi della religione ma solo per elevarci al rego spirituale eterno.
La vita, come ogni partita può essere giocata in modo diversi. Se ignoriamo le regole della religione ed agiamo guidati dai capricci dell’ignoranza e da una puerile non curanza dobbiamo aspettarci solo frustrazione e fallimenti. E se ci limitiamo a seguire le regole per vincere la partita, avendo presente il loro scopo finale, possiamo ottenere un po’ di felicità temporanea, ma saremo esclusi da un premio molto più importante. La vera religione significa invece seguire le regole delle Scritture per sviluppare la nostra relazione con Dio e tornare nel Suo regno.
Le Scritture vediche espongono con forza le proprie motivazioni al fine di convincerci a questa scelta e ci danno una ricca ed ampia descrizione della nostra casa eterna, mettono in evidenza direttamente la causa della nostra attuale condizione di rifugiati e forniscono motivazioni e rassicurazione consentendoci, anche in questo modo, di dare un’occhiata alla natura spirituale. La coscienza di Krsna dunque estende l’opportunità all’anima riflessiva e audace nel superare le partite infantili per impegnarsi nel suo vero dovere: servire ed amare Dio. Forse il famoso scrittore sportivo americano Grantland Rice aveva imminente sostanzialmente questo stesso messaggio quando scrisse i versi nel suo poema del 1908 “Alummus Football”:

Perché quando viene l’Unico Grande Segnapunti
Per scrivere un resoconto sul tuo nome,
Egli segna – non se hai vinto o perso –
Ma come hai giocato la Partita.

Navina Syama Dasa è discepolo di Sua Santità Bhakti Caru Swami. Vive con sua moglie e la loro bambina, Varada Lila, a Filadelfia, dove studia legge alla Temple University.









Cinque Giorni nel
PUNJAB
Con affetto e gentilezza, gli abitanti del villaggio danno il benvenuto ai giovani devoti Hare Krsna che portano il santo nome nel loro Stato
Di Vamsi Vihari Dasa

Nel nostro tempio ISKCON di Chowpatty, ogni anno, come parte del programma di formazione per i nuovi residenti, alcuni membri anziani dell’asrama dei brahmacari portano il gruppo di giovani a visitare a piedi alcuni villaggi nei diversi Stati dell’India. Per fare esperienza della vita nei villaggi e della cultura vedica, viaggiamo senza seguire un itinerario. Facciamo kirtana, diamo lezioni, accettiamo donazioni, la notte ci riposiamo in scuole o in edifici pubblici e il giorno seguente partiamo per il villaggio successivo.
Negli anni scorsi avevamo visitato il Rajasthan e l’Orissa, dove ci sentimmo accolti nella cultura naturale dell’adorazione di Krsna. L’anno scorso decidemmo di recarci nel Punjab, la terra più fertile dell’India, che fino a qualche anno fa è stato il focolaio del terrorismo. Sapevamo che sarebbe stata una sfida stare in mezzo alla popolazione Sikh. Tuttavia poiché tutto dipende dal Signore era anche un programma importante per il nostro viaggio.
Iniziammo il viaggio con trentadue devoti e le meravigliose Divinità di Gaura-Nitai (Caitanya Mahaprabhu e Nityananda Prabhu). Poiché l’anno scorso ricorreva il cinquecentesimo anniversario dell’accettazione di sannyasa da parte di Sri Caitanya Mahaprabhu, decidemmo di attirare l’attenzione sull’harinama-sankirtana, il canto congregazionale dei santi nomi del Signore, che era stato il punto centrale della missione di Sri Caitanya


Amritsar e Ferozpur

Partiti da Mumbai, dopo due notti trascorse in treno, raggiungemmo Amritsar, la città del magnifico Tempio Dorato.
Prima facemmo una visita al tempio e allo storico Jallianwala Bagh, il luogo del cruento massacro di Indiani da parte dei soldati britannici nel 1919. Da lì ci dirigemmo verso Ferozpur, sul confine dell’India con il Pakistan. Lì c’incontrammo con il signor Jitendra Mehra che si prende cura del tempio di Radha-Krsna.
“Rimanete a Ferizpur per tutti i cinque giorni,” ci suggerì’, “e ogni giorno fate l’harinama-sankirtana e gli altri programmi. A che cosa serve andare nei villaggi?”
Noi però avevamo come nostro obiettivo la visita ai villaggi e di trascorrere con lui solo un giorno.
Perciò il primo harinama in pubblico del nostro viaggio ebbe luogo nelle strade di Ferozpur e rimanemmo stupiti dalla risposta delle persone. Quasi ogni commerciante ci fece offerte in denaro o in natura per le Divinità. Alcune ci offrirono ghirlande fatte di banconote, altri ci fecero dono di dolci, un orafo ci offrì una tazza e un cucchiaio d’argento, da un farmacista le Loro Signorie ricevettero del miele, dai fruttivendoli ricevettero frutta e succhi di frutta. L’atmosfera era gioiosa e piena di devozione. Per qualche ora dimenticammo di vivere in un mondo governato dall’invidia, dalla competizione e dall’avidità. Mentre gli abitanti di Ferozpur erano entusiasti nel vedere trenta giovani che cantavano i santi nomi e danzavano, noi eravamo incantati nell’assistere direttamente alla misericordia di Sri Caitanya Mahaprabhu.


Il Confine Indo-Pakistano

A trenta minuti di Frozpur c’è il confine India-Pakistan. Ogni sera i soldati di ambedue le nazioni si esibiscono in un cerimonia pubblica. Ci chiedevamo se avremmo potuto recarci là.
Che cosa avrebbe pensato la gente nel vedere i sadhu e le Divinità di Gaura-Nitai al confine della loro nazione? E cosa ancora più importante, ci avrebbero permesso di fare il kirtana? Anche se scettici, decidemmo di andarci. Un pubblico composto da pakistani sedeva su un lato e uno di indiani sull’altro. Gli amplificatori trasmettevano canti per rispettivi paesi. Mentre i soldati eseguivano le loro esercitazioni e fissavano i loro avversari con gesti ostili, la folla gridava slogan patriottici. Sri Sri Gaura- Nitai sedevano sorridenti in grembo a un devoto, che assisteva a quel frenetico evento. Improvvisamente, le canzoni trasmesse dalla parte indiana s’interruppero. “Potete fare un kirtana?” chiesero i soldati.
Noi eravamo esultanti. I santi nomi risuonavano ovunque. Perfino i soldati indiani ondeggiavano seguendo il ritmo. Fu un momento storico in questo posto di confine estremamente delicato.
Poi i soldati di ciascuna parte, come d’abitudine, vennero nel territorio opposto e sventoalrono la bandiera della loro nazione. Il devoto che portava Gaura-Nitai si trovava al limite del confine indiano. La guardia pakistana, alta e corpulenta, entrò a passo di marcia nel territorio indiano, suonò la tromba e abbassò la bandiera. Proprio in quel momento i suoi occhi videro le Divinità, rimase stupito, i suoi occhi erano pieni d’amore. Fu come se l’anima eterna che si trovava in quel grande corpo robusto acquistasse la propria natura costituzionale come parte di Dio e fosse indescrivibilmente attratta dalla bellezza e dalla misericordia di Gaura-Nitai. Rimanemmo affascinati nel vedere che tornando verso il suo accampamento, il soldato continuava a voltarsi indietro per guardare le Divinità.
Srila Prabhodananda Sarasvati: “ Anche se una persona può eseguire con fede atti pii o rendere un incomparabile servizio a Sri Visnu, il suo cuore può rimanere ancora duro come il ferro. Tuttavia per la misericordia di Sri Caitanya, anche la persona più peccatrice di un uccisore di mucche può inondare l’universo con un mare di lacrime di puro amore per Krsna. Oh quando accade questo, chi può misurare l’intensa felicità provata da Sri Caitanya dalla carnagione dorata’”


Il Primo Villaggio

Il giorno seguente raggiungemmo Mamdot, a pochi chilometri da Ferozpur. Sebbene non avessimo fatto dei piani, sembrò che Gaura Nitai avessero organizzato per noi. Incontrammo il signor Janakaraja, che organizzò con entusiasmo la nostra permanenza nel tempio. Dopo ore di sankirtana nelle strade del suo villaggio, tornammo al tempio e chiedemmo al sacerdote degli ingredienti per cucinare. Spalancò gli occhi e alzò le mani al cielo.
“Per la prima volta negli ultimi sessanta anni,” disse, “dei Vaisnava sono venuti a predicare in questa città e ora dite che volete cucinare da voi? Impossibile!” Come potevamo rifiutare? Immediatamente una squadra di quattro cuochi cominciò a cucinare per noi.
La sera facemmo un altro kirtana nel villaggio e invitammo tutti al programma serale a cui parteciparono circa 350 ospiti. Rivolgendosi a loro in dialetto del Punjab, Dina Gopala Dasa sollevò un argomento che preoccupava molte famiglie di quello Stato: la dipendenza dalla droga. Poiché è una zona di confine, il traffico di droga è facile. “Abbiamo questi problemi,” disse Dina Gopala, “perché abbiamo smesso di cantare i nomi di Dio e di studiare le nostre Scritture, come la Gita e lo Srimad-Bhagavatam. Se non ci immergiamo nell’intossicazione della devozione al Signore, le intossicazioni di questo mondo ci sopraffaranno.” Una stazione locale registrò il nostro programma. Il giorno successivo i giornali riportarono con risalto i nostri racconti. Dopo aver ringraziato Janakarajaji e altri abitanti del villaggio, partimmo per Khundra, un villaggio distante dieci chilometri. Volevamo andarci a piedi, ma senza ascoltare le nostre proteste Janakarajaji aveva organizzato delle macchine che ci avrebbero portato là. Rimanemmo sbalorditi nel vedere il rispetto dimostrato dagli abitanti del villaggio per i sadhu. Mentre in città i sadhu sono considerati ladri o persone che cercano di sfuggire alla realtà o fannulloni, nei villaggi, grazie alla cultura vedica, essi sono rispettati anche oggi. Il rispetto di queste persone ci ricordò la necessità di essere noi stessi veri sadhu Vaisnava, per proteggere l’immagine positiva creata da anime pure nel corso dei secoli.


Le Benedizioni di Srila Prabhupada

Gli abitanti del villaggio di Khundra rimasero sorpresi nel vedere arrivare improvvisamente trenta giovani con la testa rasata che, indossando dhoti e kurta, cantavano e danzavano. All’inizio essi erano scettici e ci osservavano dalle finestre come se fossimo arrivati da un pianeta alieno. Subito dopo però ci dettero il benvenuto con tutto il cuore. Ci accorgemmo che erano persone semplici e oneste; forse è questa la ragione per cui si dice che Dio risieda nei villaggi. Dopo la lezione della sera, la loro partecipazione entusiasta al kirtana ci lasciò meravigliati. Più tardi, quando ci riposavamo in una scuola pubblica vicina, un devoto lesse dei versi della Caitanya-caritamrta (Madhya 7.82) che trattavano del viaggio di Sri Caitanya nel sud dell’India: “Nell’assistere al canto e alla danza di Sri Caitanya Mahaprabhu, Sri Nityananda predisse che in seguito si sarebbe danzato e cantato in ogni villaggio.” Leggendo il commento sentimmo che Srila Prabhupada ci incoraggiava e ci benediva: “Questa predizione di Sri Nityananda Prabhu è applicabile non solo all’India, ma a tutto il mondo … I componenti della Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna stanno viaggiando da un villaggio all’altro nei paesi occidentali, portando con sé anche le Divinità. … Se seguiranno tutte le regole e canteranno sedici giri al giorno, lo sforzo per predicare avrà certamente successo.”


Un Amico Sconosciuto

Di solito durante i nostri viaggi cercavamo di avere contatti e informazioni prima di recarci in un qualsiasi villaggio. A Khundra però non potemmo decidere dove andare, così ci mettemmo in cammino. Camminammo per otto chilometri, attraversando lussureggianti verdi campi di riso, e arrivammo a Lakhoke Bahrama.
Dai nostri volti traspariva una grande incertezza. Dove avremmo tenuto i bagagli? Dove avremmo organizzato il programma? Dove potevamo cucinare? Andammo in una scuola pubblica e ottenemmo il permesso di lasciare lì i nostri bagagli. Poi andammo a fare un harinama-sankirtata. Nonostante il sole cocente del mezzogiorno gli abitanti del villaggio entusiasticamente presero parte al kirtana. Chiedemmo del cibo ed essi generosamente ci offrirono riso, dal e sale.
Il sessantenne Ajaib Singh fece delle domande sul nostro programma. Mentre cucinavamo con gli ingredienti che ci erano stati donati, egli con il suo amico Sukhbir Singh chiese a tutti noi di pranzare a casa sua. Fummo commossi nel vedere il suo entusiasmo da bambino e il suo forte desiderio di servire. I suoi occhi brillavano di amore paterno e quando seppe che per quella notte stavamo progettando di riposare sul pavimento, ne fu preoccupato.
“Com’è possibile che dei sadhu vengano nel nostro villaggio e dormano sul nudo pavimento?” chiese. “Preparerò dei letti per tutti.”
Con grande difficoltà gli spiegammo che quel modo austero di viaggiare non era insolito per noi.
“Va bene, va bene, “disse con un tono di voce umile e persuasiva, “ho vuotato la mia casa per voi, stanotte dormirete lì.”
Eravamo stanchi dopo una giornata frenetica di viaggio e non avevamo la forza di spostarci in un altro posto. Fummo d’accordo di fare il programma serale in casa sua invece di farlo nella scuola.


Oltre il Settarismo

Andai a dare un’occhiata alla casa di Ajab Singh. Egli fu un ospite gentile ed io mi sentii subito a mio agio. Poi cominciammo a parlare dei santi del Punjab e di come i guru sikh avessero sacrificato le proprie vite per proteggere il sanatana-dharma. Quello che raccontarono i fece rizzare i capelli. Poiché avevamo rifiutato di convertirsi all’islamismo, molti di loro furono immersi nell’olio bollente, sepolti vivi nei muri o schiacciati sollo ruote con chiodi di ferro.
Perché tollerarono tutte quelle torture? Pensai. Erano dei fanatici? No. Avrebbero potuto vivere in pace accettando di convertirsi, ma essendo dei veri ksatriya, sapevano che se la cultura vedica fosse stata distrutta, l’intera struttura sociale sarebbe crollata. Per proteggere la cultura sacra, sacrificarono la propria vita.
Quando udimmo questi racconti da Ajaib e Sudhbir, settarismo e dogmi religiosi ci sembrarono insignificanti. Sentimmo quanto è grande al devozione per il Signore, ben lontana dai gretti concetti egoistici su Dio. Poiché Dio è i padre di tutti, pensa che si possa raggiungerLo solo seguendo il proprio percorso personale è il colmo dell’orgoglio e dell’arroganza. Se Dio, che risiede nel cuore di ognuno. È soddisfatto della sincerità e dall’umiltà della persona. Si rivela con tutta la conoscenza divina.
All’improvviso Ajaib chiese: “Sai perché stasera vi ho invitato tutti a casa mia’ Perché così per tutta la sera posso imparare da voi qualcosa su Dio.” Con voce strozzata dall’umiltà disse: “Domani mattina partirete e Dio sa quando avrò di nuovo la compagnia dei sadhu.”
La sua personalità toccò profondamente il mio cuore. Ci eravamo incontrati solo poche ore prima, ci saremmo separati presto e forse non ci saremmo più incontrati, ma la sua familiarità mi fece sentire che avevo incontrato un vecchio amico. Riflettei allora su come l’associazione con i sadhu che egli tanto desiderava era così facile per me nell’ISKCON. Mi sentii insignificante e mortificato e sperai di realizzare il valore della compagnia dei devoti.


Le Benedizioni e le Preghiere di un Padre

Il giorno seguente, mentre ci preparavamo per partire, Kuldip Singh, un Sikh alto e muscoloso, si avvicinò a noi. Il suo comportamento gentile era in forte contrasto con l’aspetto del suo corpo robusto. Ripetutamente ci chiese di andare a casa sua per il prasadam, ma Ajaib Singh aveva già preparato a casa sua. Decidemmo quindi di pranzare a casa di Aiaib e di fermarci da Kuldip prima di tornare a Ferozpur.
A colazione Ajaib servì alu-paratha, verdure, sottaceti e lassi dolce. Voleva offrirci tutto quello che aveva. Fu doloroso separarsi da lui.
Mentre partivamo, gli chiedemmo: “Poiché per noi sei come un padre, per favore dacci le tue benedizioni.”
“Ho solo una benedizione,” rispose con voce tremante, “che diventiate tutti dei grandi santi. E prego che come siete venuti nel nostro villaggio per darci un’idea del sanatana-dharma, possiate andare in tutti i villaggi a fare la stessa cosa.”
Poi andammo a casa di Kuldip per il kirtana e per parlare della coscienza di Krsna. Eravamo pieni di meraviglia per l’accuratezza con cui si prese cura di noi nel servirci. Anche la sua famiglia e i vicini si unirono a noi nel kirtana.
Mi ricordai di un altro verso della Caitanya-caritamrta (114): “In ogni casa si ode il tumulto dell’ahari-sankirtana. Ognuno mostra lacrime, peli che si rizzano e altri sintomi di estasi. In tutti i cuori c’è il più elevato e dolce percorso spirituale che porta lontano da quello dei quattro Veda. Tutto questo è apparso ora che Sri Caitanya è disceso in questo mondo.” Mentre stavamo partendo, Kuldip ci offrì un saropa (uno scialle dato agli ospiti importanti) e un’immagine di famosi guru sikh.
Anche se non parlò molto ma era l’emblema del servizio e della gratitudine. Il giorno prima eravamo incerti su tutto, ma alla fine dei viaggio realizzammo che quella era stata la giornata più dolce di tutti i nostri viaggi passati. Facendo tesoro di questi ricordi, pregammo di non dimenticarli mai.
I semplici abitanti del Punjab c’insegnarono che dovevamo sempre desiderare id servire e che ovunque vediamo la vera devozione, dovremmo rispettarla, senza tener conto della casta, della nazione o della religione a cui appartiene. Mentre visitavamo i villaggi, il signor Mehra ci aveva chiesto più volte di trascorrere l’ultimo giorno a Ferozpur. Egli aveva organizzato dei programmi per noi. Fu difficile rifiutare. Così terminammo il nostro viaggio a Frozpur con un kirtana nonstop della durata di sette ore.

Vansi Vihari Dasa è il vice redattore di Bhagavad-darshan.